Truppa «speciale» di volontari: ora i militari donano il sangue

Truppa «speciale» di volontari: ora i militari donano il sangue

«Perché sono venuto a donare il sangue qui al Policlinico? Perché è straordinario che il nostro piccolo contributo possa diventare un grande contributo. Io, personalmente, sono entusiasta. E onorato che l’esercito possa essere un punto di riferimento per un ospedale come questo».
Sergio, 30 anni di età e 11 di servizio, è un volontario di truppa in servizio permanente alla caserma Santa Barbara di Milano. Faccia pulita e idee chiare ieri mattina, con una quindicina di altri suoi commilitoni, questo militare dell’esercito è andato a donare il sangue al padiglione Marangoni dell’ospedale Policlinico. È il secondo anno che la presidente dell’Associazione per il Policlinico onlus Claudia Buccellati organizza questa iniziativa di due giorni per sostenere uno dei centri trasfusionali più importanti d’Italia e d’Europa, ma anche per diffondere e incrementare la donazione del sangue. Che non è solo, come molti pensano, semplicemente un fatto di «buon cuore».
«È una questione di cultura e sinergie - spiega Buccellati -. Questi ragazzi dell’esercito sono esemplari sotto il profilo della donatore-modello: sono sani e, ad esempio, non hanno né piercing né tatuaggi. Per questo costituiscono un patrimonio costante per questo ospedale, una risorsa d’importanza fondamentale in caso di necessità importanti di sangue. Ad esempio in caso di trapianto di fegato possiamo sempre far riferimento a loro come a un serbatoio da cui attingere...E poi i militari, girando l’Italia e il mondo e venendo a contatto con tante altre persone, costituiscono un efficacissimo mezzo di proselitismo per incrementare le donazioni. Dite poco?».
Giorgio Marmiroli, consigliere delegato per la onlus «Associazione amici donatori di sangue del Policlinico e della Mangiagalli» (il presidente è l’ex ministro della Salute Girolamo Sirchia, ndr) ed esperto nell’elaborazione dei piani di sviluppo dei donatori di sangue ci spiega che il Marangoni, con i suoi 22mila donatori attivi e circa 34mila donazioni l’anno, non solo riesce a fornire sangue ad altri 10 ospedali lombardi (tra i quali colossi della salute come l’Istituto oncologico europeo, il Fatebenefratelli, il Gaetano Pini e il Monzino) ma è un centro di riferimento nazionale, riconosciuto a livello internazionale. Questo anche grazie alla banca dove si studiano i sottogruppi rari.
«Anche in questo caso l’esercito ci viene in aiuto - ci spiega -. Facciamo degli screening, infatti, tra i militari di carriera o quelli più stanziali che hanno un gruppo raro. Per noi è fondamentale sapere di averli a disposizione sempre in caso di bisogno».
Marmiroli, che sostiene il centro trasfusionale del Marangoni procurando nuovi donatori e mantenendo i rapporti con tutti gli altri, sonda un po’ tutti i segmenti della società per trovare potenziali donatori. «Le scuole, le università, i supermercati, le aziende e le forze dell’ordine costituiscono degli ottimi serbatoi di donatori ed è in quegli ambiti che cerchiamo proseliti. Abbiamo quindi un call center gestito da un centinaio di volontari che, secondo le esigenze, chiamano i donatori di cui abbiamo bisogno al telefono o tramite sms.

Tuttavia, sempre in occasioni ormai non più tanto speciali come sono i trapianti o altri interventi importanti, dobbiamo avere la certezza di avere una scorta immediata e ottimale di sangue sano. I donatori vengono chiamati, ma non sono obbligati a venire. I militari invece sì. E questo costituisce un enorme vantaggio».

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