Tunisi, governo nuovo: tutti temono gli islamisti La vendetta del popolo: caccia ai parenti di Leila

Uomini di Ben Alì nei posti chiave, ma spazio anche all’opposizione. Intanto il leader in esilio dei Fratelli Musulmani scalpita per rientrare. L'ultima vendetta del popolo: la caccia ai parenti di Leila. Ora l'Italia ha paura: ondata di tunisini in fuga dalla violenza

Tunisi, governo nuovo: tutti temono gli islamisti 
La vendetta del popolo: caccia ai parenti di Leila

Tunisi - La Tunisia ha un nuovo governo, ma i ministeri che contano sono in mano alla vecchia guardia del presidente Ben Alì, costretto alla fuga. Lo stesso primo ministro, Mohammed Ghannouchi, e il capo dello Stato provvisorio, il presidente del Parlamento Fouad Mebazaa, sono uomini del vecchio regime.

Nell'esecutivo entrano tre membri dell'opposizione, ma la gente continua a manifestare urlando slogan come «la rivoluzione continua. Via l'Rcd (il partito di Ben Alì nda)» a Tunisi e altre città. Non solo: dall'estero gli oppositori in esilio parlano di «governo farsa».

Ieri il premier Ghannouchi ha annunciato il nuovo esecutivo confermando nei dicasteri chiave come l'Interno, la Difesa e gli Esteri i ministri in carica. Ben Alì, prima di lasciare il Paese, aveva silurato il ministro dell'Interno sostituendolo con l'accademico e più moderato Ahmed Friaa. La gente in piazza, però, non dimentica che la polizia ha sparato ad alzo zero sui manifestanti, provocando 78 morti.
I volti nuovi sono Najib Chebbi, nominato ministro dello Sviluppo regionale, Ahmed Ibrahim, responsabile dell'Istruzione e Mustafa Ben Jaafar, a capo della Sanità. Chebbi è il fondatore del partito Progressista democratico di opposizione. Ibrahim guida il movimento del Rinnovamento e Ben Jaafar l'Unione della libertà e del lavoro.
Il premier ha annunciato la formazione di una commissione d'inchiesta sulla sanguinosa repressione presieduta da Taoufiq Bouderban, ex presidente della Lega dei diritti umani. La procura indagherà sulla corruzione e le elezioni si terranno fra sei mesi, non più in due come si ipotizzava.

Il problema è che l'opposizione, cooptata nel nuovo governo, esisteva pure prima, ma era addomesticata da Ben Alì. Non a caso dal suo esilio a Parigi, il rivale storico dell'ex presidente, Moncef Marzouki, leader della sinistra laica, ha bollato il nuovo esecutivo come «una farsa: le forze reali del Paese sono state escluse». Marzouki ha intenzione di tornare in patria e presentarsi alle elezioni presidenziali con il Congresso repubblicano. Dall'esecutivo sarebbe rimasto escluso anche il partito comunista. Il suo leader, Hamam Hammami era stato arrestato nei giorni scorsi e poi liberato con la fuga del presidente.

La vera incognita è quella degli islamisti, che il nuovo governo vuole continuare a bandire. Se le elezioni saranno veramente libere sarà praticamente impossibile proibire il ritorno di partiti come Ennahdha (Rinascita), vicino ai Fratelli musulmani. Il leader in esilio a Londra, Rached Ghannouci, scalpita per tornare in patria. Discepolo del sudanese Hassan al Tourabi, pensa che la sovranità in un Paese musulmano sia di Allah.

Il pericolo principale, però, è rappresentato dal serbatoio di rabbia e disoccupazione giovanile nel quale possono pescare movimenti ben più estremisti approfittando della situazione armi in pugno. L'11 gennaio il leader di Al Qaida nel Maghreb islamico, Abu Musaab Abdul Wadud, incitava il popolo tunisino a rovesciare il «faraone» Ben Alì, messo al potere dai «crociati». Con un appello sui siti filoterroristi Wadud ha definito le proteste «un urlo contro il boia» che «ha rotto il muro di silenzio che dominava la Tunisia da secoli». Alla fine ha invitato i tunisini ad arruolare i loro figli in Al Qaida «per la battaglia finale contro gli ebrei, i crociati e le loro spie».

A vigilare, con l'aiuto degli americani, contro lo spettro dei fondamentalisti, ci penserà il generale Rachid Ammar, capo di stato maggiore delle forze armate. Ben Alì lo aveva silurato, perchè non ha dato l'ordine ai soldati di sparare sulla folla. L'ambasciata americana lo ha appoggiato nel mezzo colpo di palazzo, che ha mandato in esilio Ben Alì. La gente lo considera un eroe.

Lui non si fa vedere, ma opera dietro le quinte per diminuire il peso della polizia a favore dell'esercito. E su Facebook è nata, non per caso, una pagina intitolata al «generale Rachid Ammar presidente», con un vasto seguito di fan.
www.faustobiloslavo.eu

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica