Un tunnel chiamato desiderio

L’anno 2015, qualunque cosa dicano gli studiosi del calendario e del tempo che scorre, è dietro l'angolo e i riflettori dell'Expo sono pronti ad illuminare virtù e difetti di questa città giustamente ambiziosa. Si progettano nuove linee metropolitane, sistemi modernissimi che consentano a milioni di visitatori di muoversi fra i diversi centri d'interesse, ma il problema del traffico urbano resta, come ha dimostrato la ripresa dopo le ferie. Milano arranca, ha la circolazione propria di chi ha arterie e vene malmesse.
Le città grandi sono vittime della storia e della geografia, hanno centri consolidati nel tempo dai quali si sono proiettate spettacolari espansioni, ma il succedersi delle stagioni urbane hanno condizionato l'ampiezza e la direzione delle strade, col gioco delle mura e dei corsi d'acqua, sicché non è possibile combinare l'esistente con i flussi motorizzati della mobilità corrente. E d'altra parte il territorio è uno dei pochi beni non riproducibili. E allora? Rassegnarci agli ingorghi, alle trombosi viarie delle ore di punta? L'Expo non ce lo perdonerebbe. Se la città non può espandersi in orizzontale, può certamente svilupparsi in verticale. L'idea di tunnel che consentano di scaricare, in sicurezza e rapidità, i flussi traffico, restituendo alla città di superficie vivibilità e bellezza, deve essere sviluppata. La realizzazione di gallerie che scorrano nel sottosuolo per ingoiare un traffico "carsico" comporta certamente un impegno finanziario notevole, ma le ricadute positive lo giustificherebbero ampiamente.

L'esperienza di altre capitali europee conferma la validità della formula.
La proposta dei tunnel è stata avanzata da tempo. E' ora che gli amministratori decidano. Perché i tunnel non si realizzano in settimane o mesi.

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