Colpevole di intervista: l'Ordine dei giornalisti processa Porro

Aperto un procedimento disciplinare ai danni di Nicola Porro. L'accusa: aver intervistato un viceministro ucraino senza "contraddittorio"

Colpevole di intervista: l'Ordine dei giornalisti processa Porro
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Se non fosse vero, uno potrebbe pensare ad uno scherzo. Nel giro di una settimana Nicola Porro è passato dall'essere disegnato come un filoputiniano a cantore dell'Ucraina. Prima accusato erroneamente da Nino Cartabellotta di non aver stretto la mano a Volodymyr Zelensky a Porta a Porta. E poi incolpato di aver intervistato un viceministro ucraino senza portare in studio il contraddittorio. Sembra una barzelletta, ma non lo è.

In verità ci ritroviamo catapultati in una commedia grottesca, o forse in una tragedia. Fatto sta che il 4 luglio prossimo Porro dovrà presentarsi di fronte al Consiglio di disciplina dell'Ordine lombardo a causa del procedimento disciplinare aperto a suo carico. L'accusa? Aver intervisatato, il 22 maggio del 2022, la viceministra degli Esteri, Emine Dzhaparova, senza qualcuno che esponesse tesi contrapposte. Secondo il ricorrente che si è rivolto all'Ordine, il conduttore di Quarta Repubblica avrebbe invitato solo ospiti "allineati con l'intervistata" e avrebbe fatto cadere nel vuoto una domanda di Toni Capuozzo. Il tutto condito dal fatto che Dzhaparova avrebbe negato l'esistenza di una guerra civile in Donbass.

Ora, uno potrebbe riguardarsi la puntata e smentire quanto affermato dal ricorrente. Ma a che servirebbe? A nulla. Perché qui il problema non è discutere se l'intervista sia stata condotta correttamente o meno. Il dramma sta tutto nel fatto che si sia anche solo pensato di aprire un procedimento sul caso. "Mi sembra che abbiamo perso il senso della realtà", sottolinea Porro. Innanzitutto migliaia di politici in Italia e nel mondo vengono intervistati faccia a faccia senza contraddittorio (non lo aveva neppure Zelensky a Porta a Porta, ad essere puntuali). "Se la linea diventa questa - scrive il conduttore sul suo sito - io corro il rischio di dover passare tutte le settimane davanti alla commissione di disciplina per spiegare il modo in cui faccio le interviste. Ma non è una cosa mostruosa?". Forse addirittura "pericolosa".

Simili polemiche, il lettore ricorderà, esplosero anche quando Giuseppe Brindisi mise a segno il colpo giornalistico di intervistare il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov.

Anche in quel caso si trattava di una conversazione "one to one", senza nessun altro in studio. E giustamente l'Ordine difese Brindisi. Cosa è cambiato adesso? "Spero non mi vengano a dire che si tratta 'di un atto dovuto' - conclude Porro - L’atto dovuto è la foglia di fico dietro la quale si nasconde l’intimidazione".

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