Uccisa la Bhutto, il Pakistan è sull’orlo della guerra civile

L’ex premier colpita alla testa da un killer che si è poi fatto esplodere. Almeno 30 i morti. La rivendicazione di Al Qaida. Dopo l’attentato scoppia il caos in tutto il Paese

Uccisa la Bhutto, il Pakistan 
è sull’orlo della guerra civile

Nulla d'improvvisato, nulla di casuale. Una condanna a morte messa in scena con precisa e ordinata premeditazione. Sardar Qamar Hayaat, un fedelissimo di Benazir Bhutto, 54 anni, la osserva impotente da dieci metri di distanza, la rievoca come la sequenza di un'esecuzione. La scena è quella del parco di Liaqat Baqh a Rawalpindi. L'ex primo ministro Benazir Bhutto, tornata in patria lo scorso ottobre dopo un lungo esilio, ha appena arringato i sostenitori. Sono tutti lì, sventolano le bandiere verdi del Ppp, il partito strumento e simbolo della lotta di Benazir, alzano i pugni, lanciano slogan. Il comizio sembra il prologo della vittoria alle elezioni dell'8 gennaio. Agli ingressi dei giardini c'è anche Hayaat. La guarda salire in macchina, la osserva mentre infila i cancelli. Lì attendono dei giovani più agitati degli altri. «La vedo - racconta Hayaat - è seduta in macchina, ma quei ragazzi alzano mani e bandiere, gridano slogan la circondano, lei sorride poi - come tante altre volte - apre il tettuccio, si sporge...». Affacciandosi posa il capo sul ceppo del boia.
«Giro lo sguardo - ricorda Hayat e vedo un ragazzo giovane e magro saltare fuori dalla folla, girare intorno alla macchina... capisco tutto, ma non posso fare nulla. Lui ha un'arma in mano, sta già sparando». Benazir crolla sul sul sedile, le guardie del corpo cercano di frenare il sangue dal petto e dal collo, l'autista corre all'ospedale. Un boato suggella la tragedia. L'attentatore è in mezzo ai sostenitori della Bhutto, tira il cordino del giubbotto esplosivo, si consuma in una fiammata che brucia trenta vite, ricopre l'asfalto di sangue, dolore e poveri resti. L'auto di Benazir precipita nel reparto emergenza del Rawalpindi General Hospital. Quando la adagiano su una barella e la portano in sala operatoria lei, colpita da un proiettile alla colonna vertebrale, ha già perso conoscenza. Trenta minuti dopo l' annuncio che cancella ogni speranza «Benazir è spirata alle 18 e 16». In quel momento il Pakistan inizia la sua discesa all'inferno.L'ospedale è il primo bersaglio della rabbia dei sostenitori della Bhutto. Prendono a calci le pareti, rompono le finestre, lanciano le prime accuse al presidente Pervez Musharraf e ai servizi di sicurezza pakistani. Nawaz Sharif l'altro ex premier esiliato e riammesso nel Paese per partecipare alle elezioni si precipita a vegliare la rivale defunta, la chiama sorella, annuncia il boicottaggio quelle elezioni che il presidente Musharraf non accenna a cancellare o rinviare. «La lega dei Musulmani boicotterà il voto, Musharraf si deve dimettere», proclama Sharif.

Davanti ai cadaveri martoriati del parco di Liaqat Baqh la furia dei militanti del Ppp è intanto alle stelle. La polizia attaccata sgombra il campo, lascia soli i sostenitori della Bhutto e i loro morti, fugge inseguita da quell'ululato che ripete «Musharraf assassino». Un'ora dopo Peshawar, il capoluogo dell'agitata provincia nord-occidentale roccaforte del'integralismo, è messa a ferro e fuoco dalla rivolta dei fedelissimi di Benazir a caccia di simboli del governo e dell'integralismo. Altre manifestazioni, in cui si contano almeno 10 morti, seminano il disordine a Karachi e nelle altre città. Mentre odio e vendetta divorano il Paese il presidente annuncia tre giorni di lutto, si chiude in conclave con i consiglieri, studia l'ennesima strategia di sopravvivenza. Costretto dagli Stati Uniti a riprendersi in casa la più pericolosa oppositrice non ha saputo salvarla dalla condanna di quei gruppi al qaidisti che per tre volte hanno cercato di eliminarlo. Ma sopravvivere alla Bhutto, può risultare la peggiore delle condanne. Soprattutto agli occhi dell'opinione pubblica anti fondamentalista e dello spazientito alleato americano, preoccupato per l’arsenale nucleare del Paese. «Questo è il lavoro dei terroristi con cui siamo in guerra - ripete in tv- la peggior minaccia per la nazione arriva da questi terroristi, vi prometto che non avremo pace finché non li elimineremo». Ma il Pakistan si chiede perchè quell'oppositrice spesso contestata e discussa sia stata lasciata morire.

Perchè i servizi di sicurezza non abbiano evitato un attentato previsto e annunciato sin dal 18 ottobre quando Benazir Bhutto appena rientrata dall'esilio venne sfiorata dal kamikaze fondamentalista che uccise un centinaio di militanti del suo partito.

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