Udc, la «discontinuità» è il proporzionale

Nessun ultimatum sulla leadership. «Un’alleanza con la sinistra non sta né in cielo né in terra. Vogliamo che il centrodestra vinca, ma deve cambiare»

Anna Maria Greco

da Roma

Il vertice dell’Udc non si conclude con un ultimatum sulla leadership del centrodestra, né con minacce di rottura della coalizione. Quella del partito di Pier Ferdinando Casini e Marco Follini è una richiesta più facilmente accettabile dagli alleati, che infatti reagiscono positivamente: una riforma proporzionale con premio di maggioranza. «Il cambiamento - dice il segretario centrista - per noi comincia dal primo appuntamento parlamentare: la legge elettorale».
Alla Direzione dell’Udc, che per proteggere la riservatezza non si tiene a via Due Macelli ma in un blindato hotel «La Posta vecchia» di Palo Laziale (vicino Ladispoli), partecipa straordinariamente anche il presidente della Camera che pochi giorni fa dalla festa dell’Udeur di Telese ha detto che se non arriva un segnale di novità nella Cdl i centristi potrebbero correre da soli alle politiche del 2006, ignorando l’apertura del premier proprio sul proporzionale. Ci si chiede se ci sarà un nuovo avvertimento a Silvio Berlusconi, perché faccia un passo indietro. E invece, l’Udc sceglie di evitare lo scontro e di aprire al dialogo, confermando la sua fedeltà alla Cdl. Dopo 5 ore di confronto, Casini torna nel suo ufficio alla Camera senza una parola, ed è il segretario centrista a spiegare in una conferenza stampa sempre a Montecitorio qual è il primo passo necessario sulla strada dell’invocata discontinuità, necessaria per vincere alle elezioni.
«Sulla quota proporzionale - dice Follini - si può aprire una discussione libera e franca, ma la nostra idea è che la quota proporzionale sia la più ampia possibile, corretta da un premio di maggioranza». Non quel 75 per cento previsto ora, precisa il leader centrista, ma «molto, molto meno». Pur non indicando un modello preciso e lasciando aperte più ipotesi, lascia capire che i centristi non si accontenteranno di una piccola modifica: puntano al 50 per cento di proporzionale, con una riduzione dell’uninominale alla restante metà. Così, aggiunge, saranno soddisfatti anche «i cultori di un sano bipolarismo».
Il segretario centrista sfuma dunque sulla leadership, anche se conferma che il problema «resta» e la posizione dell’Udc non è cambiata. L’attenzione, però, si sposta sulla necessità che la maggioranza appoggi la modifica della legge elettorale. Follini chiede al premier «di passare dalla disponibilità al ragionamento» sulle molte proposte giacenti in Parlamento. Dopo le polemiche sulla nascita di un Grande Centro e sulla possibile alleanza con i moderati del centrosinistra, sembra preoccupato di ribadire la posizione del suo partito nella Cdl.
«L'Udc si sforza di promuovere innovazione e moderazione - dice - due virtù politiche che non rientrano più di tanto nell'agenda di governo di Romano Prodi. Vogliamo che il centrosinistra non vinca e tanto più diciamo che il centrodestra deve cambiare». Follini non reclama un vertice dei leader della Cdl per fare salotto, ma concreti «atti politici». Convinto che sia giusto affrontare la riforma elettorale in questa fine legislatura, il leader centrista assicura che «i tempi ci sono, l’importante è la volontà politica». Quello di Follini, però, non vuole essere un aut aut, con la minaccia di uscire dalla coalizione. «Mi aspetto un sì - dice - non ragiono sull'ipotesi di un no». Quanto alla possibilità di allearsi con l’Unione, «non sta né in cielo né in terra». «Prodi ha fatto bene a lanciare i suoi strali su di noi - spiega - perchè l'Udc non collaborerà in alcun modo con il centrosinistra. Questo Paese non merita di finire nelle sue mani».
Il segretario dell’Udc, però, non rinuncia a qualche battuta caustica sulle ultime dichiarazioni del presidente del Consiglio. Sulla proposta di una legge proporzionale con uno sbarramento al 10 per cento, dice: «Parlerei per emendamenti ai testi già depositati in Parlamento e non per battute». E sul 10 e lode che Berlusconi si è dato come capo del governo il leader centrista ha molti dubbi: «Non penso che gli elettori ci abbiano già dato 10 e lode». Con il premier Follini non ha parlato ma, precisa, ha letto i giornali.


Quanto alle richieste leghiste sul federalismo, precisa che la riforma proporzionale non è «barattabile» con la devoluzione. «Proporrei di non fare un fritto misto». Poco dopo Luca Volontè, capogruppo dell'Udc alla Camera chiede che la legge elettorale sia esaminata e votata dall'aula di Montecitorio prima della riforma costituzionale.

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