Gli umori della Lega

RomaPiù che irritazione il clima nei vertici leghisti è quello dei commilitoni che se la ridono delle ragazzate di un amico. Gira una battuta di Maroni che fa capire quanto sia stata presa «seriamente» la vicenda della marocchina: «Ragazzi, però se avete voi un problema col permesso di soggiorno chiedete a me, non c’è bisogno di chiamare la questura...». E giù risate, tipo caserma. Il vertice di via Bellerio dell’altro giorno è stato raccontato con toni drammatici, da fine impero, da alcuni giornali. In realtà quello che traspare è sì una preoccupazione forte della Lega per il futuro prossimo, che resta «indecifrabile», ma non certo per le serate private del premier. Quello che inquieta davvero è la tenuta dell’«alleanza» col Fli, la fedeltà di Fini, sui cui la maggioranza dei leghisti non scommetterebbe nemmeno una lira padana. Il segretario federale e gli altri colonnelli hanno discusso della vicenda Ruby, informati da Maroni sugli aspetti formali della cosa. Ma il tono generale è quello espresso da un colonnello, «non se ne può più di queste storielle a sfondo sessuale», che significa sia che la Lega avrebbe fatto volentieri a meno di questa vicenda, sia che la campagna mediatica scatenata dalla stampa è ritenuta strumentale ed eccessiva dai vertici leghisti. Insomma, «i vizi e le abitudini del premier le conosciamo, ma sono fatti suoi, non si può parlare per giorni di una ragazza marocchina che cerca solo notorietà». Tanto che in una successiva riunione locale, per il «provinciale» di Varese, in cui sono comparsi Maroni, Giorgetti e Reguzzoni, tre uomini molto vicini a Bossi ma raramente insieme, non è stato diffuso nessun allarme, cosa che invece succede prontamente quando il leader è nervoso o arrabbiato.
Nessuno scenario è escluso al momento dalla Lega, che è pronta ad andare avanti in Parlamento con i provvedimenti che stanno a cuore al Pdl (lodo Alfano in primis) per ottenere in cambio l’agognato federalismo, che è quasi al capolinea. L’ipotesi pessimistica, che nessuno si augura ma nessuno esclude, è quella di un governo tecnico che metta d’accordo i poteri forti e i partiti a loro collegati - secondo l’interpretazione leghista l’Udc, Fini, il Pd -, e che vedrebbe a quel punto la Lega all’opposizione. E poi due ipotesi più positive: una ricucitura in seno alla coalizione, oppure il voto anticipato. Quest’ultima resta in realtà la carta vincente per la Lega, che ha iniziato già a mobilitarsi - con feste, incontri pubblici, relazioni sul territorio - dall’estate, e che a fine novembre darà un colpo di acceleratore molto importante. Il 20 è fissata la convocazione del Parlamento del nord, un super-vertice leghista (l’ultimo è stato nel 2008) che riunisce tutti i parlamentari e tutti gli amministratori locali della Lega. Un grande consiglio federale allargato, che serve per coordinare il partito in tutte le sue ramificazioni e prendere spunto dal «locale» per sondare il territorio anche in vista di campagna elettorale. Insomma la Lega è già pronta al voto e sta solo studiando le mosse per tenere insieme le due cose: la fedeltà a Berlusconi e gli interessi della Lega Nord. L’ideale è andare al voto dopo che il federalismo sia passato, entro febbraio. A quel punto la Lega avrebbe un argomento elettorale fortissimo per il suo popolo, e non solo quello: abbiamo cambiato il Paese ma ci hanno impedito di andare avanti con le riforme. Roberto Calderoli torna sull’argomento smentendo i retroscena dei giornali: «Non ci stancheremo mai di ripeterlo, l’unico governo possibile è questo, o in alternativa il voto anticipato. Invece i due principali giornali italiani, con singolare coincidenza, stravolgono la realtà in tal maniera da farmi credere che non sia peregrina l’idea di quanti pensano ad un complotto». La Lega in un governo tecnico? «Ma non scherziamo, un governo tecnico sarebbe una sciagura nazionale» dice il senatore varesino Fabio Rizzi, «perché sarebbe fatto proprio a spese delle riforme che noi portiamo avanti».

Che interesse elettorale avrebbe mai, poi, la Lega a stare in coalizione con quei partiti a cui punta a «rubare» i voti, dal Nord all’Emilia-Romagna e alla Toscana, cioè Pd ed ex An? Nessuno, come spiega Raffaele Volpi, deputato leghista e «motore» della Commissione affari costituzionali della Camera. L’unico tavolo a cui si possono sedere i leghisti è quello che serve polenta e cassoeula. Molto più saporito, sia detto senza scherzi, del cous cous marocchino.

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