Uolter dà la caccia a Obama ma vince un hamburger

Le disavventure del leader democratico alla convention di Denver. I suoi: siamo stati ospitati grazie alla provvidenziale signora Marialina

Denver - Certo, Firenze è bella, ma vuoi mettere Denver? E Obama e i Clinton? E, come scrive Lapo Pistelli nel suo bel blog, «mangiare un hamburger al grill del Brown Palace seduto al tavolo accanto a Sean Penn»? No, non c’è paragone. La Festa democratica può attendere. Anzi, può andare avanti senza Veltroni e Rutelli, che, qui alla convention dell'altro Partito democratico, quello americano, erano attesi con trepidazione, come testimonia l’attribuzione dell’hotel. Lo Sheraton? L’Hilton? Macché, troppo banali, prevedibili. Vuoi mettere il Country Inn Denver? È a un tiro di schioppo dall’aeroporto, pulito, ordinato, con vista sull’autostrada e in fondo neanche troppo distante dal centro, una ventina di chilometri. «Yes, we can», «Sì, si può fare».

Dovevano essere in sei, ma alla fine sono giunti solo in cinque, perché Piero Fassino, ministro degli Esteri ombra «ha deciso di rimanere in Italia per seguire gli sviluppi della crisi georgiana», si legge in una nota del partito. Come non capirlo? E se chiamasse Putin? O Condoleezza Rice? Bravo Fassino, meglio vigilare. Peccato, perché in fondo la sua presenza qui sarebbe stata giustificata, come quella di Pistelli, coordinatore relazioni internazionali del partito, e di Gianni Vernetti, ex sottosegretario della Farnesina, chiamati a rappresentare il Pd nell’Alliance of democrats, un’organizzazione internazionale che riunisce partiti progressisti americani, europei e asiatici. Ma perché Veltroni? E Rutelli? E l’onorevole Federica Mogherini, segretaria della Commissione Difesa?

Presenze fondamentali e attese con trepidazione qui a Denver. Soprattutto dalla famiglia più famosa d’America. Le agenzie narrano che Veltroni martedì «è stato accolto dal clan Kennedy» e rivelano che al Pepsi Center la delegazione del Pd è stata ospitata nel palco privato degli eredi del mitico Jfk. Un sogno che si realizza, un riconoscimento significativo in un periodo così difficile per Veltroni. Poi però leggi il blog di Pistelli e scopri come sono andate davvero le cose. In fondo, siamo italiani, c’è sempre un amico dell’amico su cui fare affidamento. «Siamo stati ospitati grazie a un provvidenziale incontro con Marialina Marcucci, amica di Kerry Kennedy», scrive con molta onestà il coordinatore del Pd. Però l’emozione resta, perché lì in mezzo a tanta gente, i cinque cavalieri italiani hanno incontrato «Matthew Modine, l’impareggiabile soldato Joker di Full Metal Jacket di Stanley Kubrick». Pistelli non si è trattenuto e, «tornando ragazzo», ha chiesto «l’autografo e la foto di rito». E poi vuoi mettere il clima? Le manifestazioni colorate per le strade, i poliziotti muscolosi a bordo delle Harley Davidson, «come nei film di Hollywood». E l’entusiasmo dei delegati che, sollecitati dai capi-claque, alzano simultaneamente cartelli e bandierine.

Un’esperienza imprevedibile e davvero indimenticabile per la delegazione del Pd, che in queste intense giornate ha incontrato per ben due volte Howard Dean, presidente dei democrats, da tempo amico (vero) di Veltroni, e ha assistito a tanti begli eventi. Assieme a centinaia di persone. Ad esempio alla grande conferenza sul ruolo degli Stati Uniti del mondo, dove ha ascoltato l’ambasciatore alle Nazioni Unite Richard Holbrooke e un’analista della Brookings Institute - o al Truman National Security project - che si propone di formare i quadri democratici sulla sicurezza nazionale, ma è sponsorizzato da due grandi aziende della Difesa - o, ieri a mezzogiorno, partecipando a un pranzo con l’ex governatore della Virginia Mike Warner. Impegni fondamentali e formativi. Più consistente Vernetti, che ha partecipato a un dibattito con Ike Skelton, presidente della Commissione Difesa, e con l’onorevole Ellen Tauscher, dal quale ha ricavato un’impressione netta: con Obama presidente, l’America assumerà un approccio multilaterale, ma intanto «chiederà agli europei più soldi, più truppe, più flessibilità per l’Afghanistan», come dichiara al Giornale. Come dire: le truppe italiane dovranno combattere e tanto. L’ex sottosegretario risponde presente; chissà se tutti i membri del partito condividono il suo entusiasmo.

Nel frattempo Veltroni stringe la mano a Nancy Pelosi, l’italoamericana presidente della Camera dei rappresentanti, a consiglieri di Obama come Susan Rice e Anthony Lake, e soprattutto a loro: Bill e Hillary Clinton. Ancora una volta la macchina diplomatica del Pd dimostra la sua potenza. L’artefice è Pistelli. Anzi, un suo conoscente, che dopo averlo visto «nei corridoi del Pepsi Center» gli «ha proposto un canale per organizzare di lì a poco un incontro fra Veltroni e Bill Clinton». Insomma apprendiamo l’esistenza di un amico dell’amico dell’amico. Il progresso, rispetto alla Marcucci, è innegabile.

Ieri gran finale: un’ora di shopping e poi tutti allo stadio Invesco, mischiati agli 80mila riuniti ad ascoltare Obama. Per poterlo raccontare ai nipotini e, soprattutto, domani, ai militanti della Festa democratica. Chissà come frigge Fassino.

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