Gli Usa del dopo Obama devono ritrovare se stessi

Giuseppe De BellisE d'accordo che tutti, forse anche giustamente, per il 2016 dell'America si concentreranno sulla politica in senso più elettorale che civile. La campagna elettorale di fatto è cominciata da più di un anno, ma ciò che accadrà da febbraio, con le primarie dei due partiti, e andrà avanti fino a novembre, sarà la fiera del tutto. D'accordo, quindi. Però oltre questo, e a lato di questo, torna adesso la domanda più ciclicamente ricorrente: che cos'è l'America? Le risposte sono ovviamente molte e aperte. Però prima di darle, conviene soffermarsi sulla domanda e sulle sue possibili declinazioni. Cos'è l'America oggi? Soprattutto cos'è l'America che esce da otto anni di obamismo? E poi: com'è? Il tema razziale, per esempio. Marginale politicamente, la questione ha oscillato nell'interesse generale seguendo i fatti di cronaca che hanno caratterizzato gli ultimi mesi: i ragazzi neri uccisi dai poliziotti in alcuni Stati, i movimenti di piazza conseguenti. Tra sensi di colpa e tentativi di ragionamento, uno dei libri dell'anno del 2015 per l'America è stato Between the World and Me (Spiegel & Grau) di Ta-Nehisi Coates.

Una lettera-manifesto scritta da uno scrittore-giornalista dell'Atlantic al figlio quindicenne sul tema del razzismo: dalla tratta degli schiavi alle forme istituzionalizzate di discriminazione, a cosa significa essere un adolescente nero americano oggi. Il libro è stato letto anche da Barack Obama, che erroneamente in troppi pensavano fosse il presidente dei neri. L'America dopo otto anni si deve ritrovare. Culturalmente, prima che politicamente.

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