«Ma usando certi metodi si cestinerebbe Gomorra»

Una delle posizioni del movimento TQ che hanno fatto più discutere negli ultimi giorni è stata quella relativa a un’auspicabile decrescita della produzione editoriale. Jacopo De Michelis, responsabile narrativa per Marsilio, non pensa che sia una strada percorribile. «Anzi - dice - è proprio inapplicabile».
Perché?
«Richiederebbe un accordo totale degli editori italiani, nessuno escluso. Se il 99 per cento fosse d’accordo nel decrescere ma l’uno per cento no, questo uno per cento approfitterebbe selvaggiamente della decrescita altrui».
Fanta-editoria: e se tutti fossero d’accordo?
«Ci sarebbe meno lavoro nel settore. Meno libri pubblicati significa meno traduzioni, meno editing, meno correzione di bozze e via così. I fatturati degli editori calerebbero e si verificherebbe un impoverimento della proposta editoriale. Senza contare le domande da porsi: devono decrescere solo i grandi o anche i piccoli?».
Oppure, ancora: quali libri eliminare?
«Domanda terribile. Gian Arturo Ferrari, per anni direttore della Mondadori, ha detto che su cento libri pubblicati novanta sono tentativi. L’editore non può sapere prima se venderanno e io sono d’accordo con Ferrari. A questo punto, se Mondadori avesse dovuto applicare la decrescita editoriale, un libro come Gomorra di Saviano avrebbe rischiato di essere cestinato. Ibrido tra narrativa e saggistica, testo difficile da vendere per una serie di motivi, pubblicato inizialmente con una tiratura, secondo me, molto bassa, soltanto dopo ha fatto il boom. Prevedere un simile successo era impossibile».
Ma dalle parti di TQ sostengono che intasare le librerie pubblicando libri solo per vedere se vendono è una prassi dannosa.
«Nessun editore intasa le librerie alla cieca. Ciò che viene immesso sul mercato è una scelta più che adeguata. Anni fa, facendo gavetta come lettore di manoscritti con Antonio Franchini, ho potuto vedere l’enorme quantità di libri che vengono scartati. Detto questo, ripeto: il successo di un libro è del tutto imprevedibile. Se un anno prima della pubblicazione in Marsilio di Stieg Larsson mi avessero detto che era un autore da sessanta milioni di copie nel mondo, mi sarei messo a ridere. Il nostro merito, al massimo, è stato ritenere il giallo scandinavo un filone interessante ancora prima dell’arrivo di Larsson».
Passiamo alla legge sugli sconti per i libri. Dicono quelli di TQ che uccide l’editoria di ricerca.
«Credo che sia una legge-compromesso. È vero che gli sconti possono favorire certi editori commercialmente molto forti rispetto a quelli piccoli. Per esempio, la grande distribuzione può permettersi di vendere i cosiddetti “prodotti civetta” andando in perdita temporanea, perché poi acquisisce quote di mercato. La strategia di Amazon, per esempio. Concorrenza sleale? Non so. Proviamo a rispondere dal punto di vista del lettore, che cerca e chiede lo sconto. Persino alcune associazioni di consumatori trovano non sia utile frenare gli sconti. Certo, quelli di TQ hanno ragione a volere una regolamentazione più equa. È un questione delicata».
È d’accordo con i TQ sullo Stato di emergenza della cultura italiana?
«La situazione può non essere sana, se la confrontiamo con quella di altri Paesi a noi simili, come Inghilterra o Germania. Ma la differenza tra noi e loro non sta nel perverso eccesso di offerta editoriale in Italia, ma nella domanda più debole. Si legge molto poco. Servono forti politiche di sostegno alla lettura. Questo, però, vuol dire che c’è un margine di crescita. E non un margine di decrescita».
Che ne pensa dell’idea di TQ che i lavoratori della cultura devono tornare a fare politica?
«Seguo TQ con interesse, è ovvio, pur non facendone parte. Condivido qualche posizione e non ne condivido altre. Come editore non sono interessato a fare politica attraverso i libri.

In passato c’erano case editrici che facevano questo, strutturate intorno a un’ideologia. Oggi, per quanto mi riguarda, cerco di fare libri che contribuiscano al dibattito politico attraverso posizioni originali e ben argomentate, che siano di destra o di sinistra poco importa».

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