Vaticano: "Più moralità". Bossi: "Facile parlare"

Il leader della Lega reagisce al richiamo di Bertone: "Silvio assediato". Poi il ministro spiega: "Nessuna critica, stimo il segretario di Stato"

Vaticano: "Più moralità". Bossi: "Facile parlare"

Roma - Avessero controllato così «anche là», in Vaticano (in senso molto lato...) certe cose non sarebbero successe. Invece, attacca Bossi, «Berlusconi si è trovato con la casa circondata, controllavano tutti quelli che entravano e che uscivano», mentre «è più facile parlare per loro», loro il Vaticano, che custodiscono i segreti con la massima riservatezza e senza intrusi. Sembra di sentire il vecchio Bossi, quello che anni fa se la prendeva con «la finanza dei vescovoni» che non si sa «se i soldi del popolo li dà ai poveri o se li mangia». Il segretario federale torna in versione «laica» per difendere l’alleato in un momento difficile, stretto tra più tenaglie. Oltre alla magistratura («che ha sicuramente un po’ esagerato» dice Bossi, «Berlusconi si sente innocente e si sente praticamente aggredito dalla magistratura») e l’opposizione, c’è anche la Santa sede che esprime con il segretario di Stato Tarcisio Bertone «preoccupazione per le vicende italiane» e richiama ad una «più robusta moralità, giustizia, legalità» soprattutto «coloro che hanno una responsabilità pubblica». Un riferimento chiaro alle vicende serali del premier secondo il fronte anti-Cavaliere, ma non secondo una parte del Pdl che (coma fa il ministro Sacconi) invita a prendere in senso ampio la rosa di rappresentanti pubblici (magistrati compresi) a cui sarebbe indirizzato l’invito vaticano. Tra quelli che l’hanno invece visto come un ammonimento diretto a Berlusconi sembra esserci proprio Bossi, che - in modo anche inatteso - si sta molto esponendo nella difesa della privacy del Cavaliere sul caso Ruby. Dall’incontro avuto a Palazzo Grazioli l’altra sera il segretario federale è uscito convinto che Berlusconi è stato «massacrato dai giudici», sottoposto a un regime da sorvegliato speciale che è «un po’ esagerato». Però dopo un’oretta Bossi precisa le parole sulla Chiesa: «Mai criticato il Vaticano né tantomeno il cardinale Bertone che conosco da tempo e che considero amico e stimo molto».

Fino a mercoledì sera la Lega aveva tenuto un profilo basso sulla questione Ruby, e il silenzio era stato letto come imbarazzo. È certo che di questa grana, in coincidenza con il passaggio parlamentare di un importante decreto del federalismo fiscale, il Carroccio avrebbe fatto volentieri a meno. Ma se il premier ha ottenuto che in prima linea, con lui, scendesse anche Bossi (che però consiglia a Berlusconi di essere «più cauto, tutti insieme devono abbassare i toni, anche i magistrati»), i leghisti hanno incassato garanzie sul federalismo. I termini dell’ultimatum concordato tra i due capi di Pdl e Lega sono «o federalismo o morte», come riassume tra lo scherzo e il Braveheart il segretario leghista. Fuori dalla cinematografia significa, come già più volte detto, che se si mettono i bastoni tra le ruote di quella riforma «si va al voto, anche se non conviene al Paese» (Bossi). L’alleanza non è in discussione, Ruby o non Ruby si va avanti. Le consultazioni tra Pdl e Lega sono costanti, e ancora ieri sera Roberto Calderoli (accompagnato da Bossi jr) era a Palazzo Grazioli per preparare i ritocchi all’iter del decreto sul fisco municipale. Il popolo leghista intanto aspetta fatti concreti, mentre sulla questione Ruby si divide.

Se una parte, che si esprime nei forum online, sopporta male la vicenda, un’altra parte - quella che si è espressa ai microfoni di Radio Padania nel programma condotto da Fabrizio Carcano - lamenta la «faziosità» della magistratura che «invece di arrestare i delinquenti» si accanisce sulla politica. Sommovimenti della pancia leghista che però hanno un timer non programmato per reggere all’infinito.

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