Ior e Vaticano, cosa c'è di vero nella leggenda nera di Marcinkus?

Lo Ior nacque per garantire autonomia finanziaria alla Chiesa. Ma la percezione cambiò quando la banca finì coinvolta nel crac Ambrosiano. Un libro aiuta a fornire una lettura particolare agli 80 anni dell'istituto e del più noto Monsignor Paul Casimir Marcinkus

Ior e Vaticano, cosa c'è di vero nella leggenda nera di Marcinkus?

Nel racconto mediatico prevalente non c'è Vaticano senza mistero. E non c'è mistero vaticano senza Ior. Queste tre lettere hanno assunto dagli anni '80 ad oggi un'accezione negativa per l'opinione pubblica mondiale che le associa al potere, alla ricchezza e alla scarsa trasparenza. Ma è davvero così?

Perché lo Ior?

Una risposta ha provato a darla, con una seria ricostruzione storica, Francesco Anfossi nel suo libro Ior. Luci e ombre della Banca vaticana dagli inizi a Marcinkus (Edizioni Ares). Il volume contiene delle curiosità finora inedite che hanno conquistato in questi giorni l'attenzione dei giornali e che hanno testimoniato come nelle stesse gerarchie ecclesiastiche dell'epoca non ci fosse una difesa granitica della storica dirigenza della banca di fronte agli scandali che la travolsero negli anni '80.

Ma al di là di questi particolari più pruriginosi, il libro riesce proprio a smontare e ridimensionare tante leggende nere sullo Ior. Partendo dall'origine e dalle finalità.

L'Istituto per le Opere di Religione - questo il nome completo - venne fondato il 27 giugno 1942 da papa Pio XII. Non è una banca pur essendo chiamato a svolgere servizi bancari. Lo Ior non ha azionisti e l'utile ricavato va appunto in favore di Opere di religione. Quest'organismo finanziario venne pensato proprio, nel bel mezzo della Seconda Guerra Mondiale, proprio per mettere la Chiesa al riparo dagli scossoni internazionali e garantirle autonomia. A questa logica risponde la decisione di connotarlo sin dall'inizio come ente centrale della Chiesa cattolica e dunque da non confondere con la Curia Romana da cui è distinto.

Le finanze vaticane in generale riuscirono ad avere un margine di libertà in quegli anni difficili come sottolinea il professor Agostino Giovagnoli ricordando il ruolo di Bernardino Nogara, storico capo della Speciale, l'antesignana dell'odierna Apsa, nata per gestire i soldi sborsati dallo Stato italiano all'indomani della firma dei Patti Lateranensi come risarcimento. "Fu l’ingegnere Nogara, presumibilmente su sollecitazioni di Pio XII, a trovare i lingotti mancanti ai 50 chili d’oro richiesti dai nazisti alla comunità ebraica romana, pena la deportazione di duecento ebrei", scrive Giovagnoli nella premessa.

La figura di Marcinkus

Monsignor Paul Casimir Marcinkus è forse uno dei prelati più noti al grande pubblico. Il suo nome viene abitualmente ricondotto agli scandali del crac del Banco Ambrosiano e alla parabola di Michele Sindona, il finanziere siciliano che finì la sua vita in carcere dopo aver bevuto un caffè al cianuro. La fama di Marcinkus ha fatto sì che spesso il suo nome finisse anche in cronache giudiziarie che nulla c'entrano con lui. Nel libro di Anfossi emerge un ritratto caratteriale già conosciuto, seppur senza gli eccessi circolati per metterlo in connessione con fatti di cronaca.

Chi lo ha visto a lavoro negli anni della presidenza dello Ior racconta di ricordarselo con i "piedi sulla scrivania e la bottiglietta di Coca Cola in mezzo alle carte". Trovano conferme le voci sulla sua passione per sigari cubani e per il golf, a cui si aggiungono anche gli stornelli romani e le canzoni del reuccio Claudio Villa. Di Marcinkus risultano i legami con Calvi e Sindona e il coinvolgimento dell'Istituto nelle operazioni dei due come dimostrano le partecipazioni nella Banca Privata e nel Banco Ambrosiano.

Tuttavia, vengono sfatate alcune leggende nere: ad esempio viene derubricata a millanteria di Sindona la rivendicazione di aver avuto un ruolo nel far nominare Marcinkus alla guida dello Ior nel 1971. Il finanziere di Patti, in effetti, aveva già rapporti con l'Istituto avendo dato consulenze strategiche per liberarsi di alcune partecipazioni non più redditizie.

Chi lo volle in quel ruolo dove, pare, l'arcivescovo americano non voleva andare? Don Pasquale Macchi, segretario di Paolo VI, è uno dei sospettati di aver aiutato la carriera di Marcinkus ma lui stesso anni dopo sostenne che Montini non avrebbe voluto nominarlo e che ad insistere fu l'allora potentissimo sostituto alla Segreteria di Stato, il futuro cardinale Giovanni Benelli che però dopo il crac Ambrosiano scrisse al suo superiore, il cardinale Agostino Casaroli, per chiederne le dimissioni.

Ad avvicinare Calvi e Sindona allo Ior è l'ambizione di dare un profilo internazionale alle loro rispettive banche sfruttando l'immagine del Vaticano. Fu Sindona a presentare Marcinkus a Calvi, ma quest'ultimo a un certo punto ne divenne l'interlocutore privilegiato a dispetto del finanziere di Patti caduto in disgrazia. Non a caso, nel processo americano pr il crac della Franklin Bank, l'allora presidente dello Ior si rifiutò di testimoniare in favore di Sindona. Più tardi, quando i guai giudiziari toccarono a Calvi, i dirigenti dell'Istituto chiusero le porte ai nuovi vertici dell'Ambrosiano che tiravano in ballo le lettere di patronage concesse dallo Ior a Calvi a garanzia della situazione debitoria di alcune società estere controllate dal Banco, facendo leva su delle altre lettere firmate dal banchiere milanese che esonerava da ogni responsabilità l'Istituto.

La vicenda del crac Ambrosiano fu all'origine anche di uno scontro tra Italia e Santa Sede con la dura reprimenda dell'allora ministro del Tesoro, il cattolico Beniamino Andreatta. Quest'ultimo chiese 1.159 milioni di dollari allo Ior. Ma dal Vaticano si contestò la responsabilità attribuita allo Ior e alla fine, senza il consenso di Marcinkus, si decise di versare 250 milioni di dollari come contributo volontario e non come risarcimento. Giovagnoli nella sua premessa al libro di Anfossi rileva come "il caso del Banco Ambrosiano è eloquente: non sembra che Marcinkus partecipasse davvero alle trame criminali di Calvi e non è impossibile che la sua fiducia sia stata tradita dal 'padrone' dell’Ambrosiano". Tuttavia non si nasconde la responsabilità dell'arcivescovo americano di essersi fidato di figure come il banchiere milanese e Michele Sindona.

La leggenda dei soldi a Solidarnosc

Solidarnosc è il sindacato anticomunista di Lech Walesa fondato negli anni Ottanta in Polonia che trovò l'appoggio del connazionale più famoso, Giovanni Paolo II. Da anni, proprio questa vicinanza con il Papa santo è stata all'origine della leggenda di finanziamenti arrivati dallo Ior nelle casse dell'organizzazione clandestina ai tempi del blocco sovietico. Tuttavia, sia Marcinkus che il segretario di Karol Wojtyla, il cardinale Stanislao Dziwisz, hanno negato questa circostanza. Lo stesso Lech Walesa ha, sì, affermato che la Chiesa polacca probabilmente finanziava il sindacato, ma ha anche precisato di ignorare da dove arrivassero quei soldi. Angelo Caloia, successore di Marcinkus alla presidenza dello Ior, ha detto all'autore del libro che "in realtà non c’è traccia che i finanziamenti a Solidarnosc siano passati dallo Ior".

Marcinkus, in ogni caso, smentendo l'invio di finanziamenti al sindacato ci tenne a dire "se l’avessi veramente fatto, meriterei, vista la piega degli avvenimenti poi presa, una medaglia d’oro". Il presidente più chiacchierato della storia dell'Istituto terminò i suoi giorni terreni a Sun City, in Arizona, dove celebrava messa la domenica per gli emigrati lituani come lui.

L'epilogo fu senza medaglie d'oro: Marcinkus percepiva una pensione dal valore di 2000 euro nostrani e fu costretto a chiedere una donazione di 10mila dollari all'Istituto di cui fu presidente per potersi sottoporre ad un'operazione chirurgica in vecchiaia.

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