Vecchi brani rinascono. Gli U2 rimessi a nuovo

Abbiamo ascoltato in anteprima il disco che trasforma i loro classici. The Edge: "Non ci siamo snaturati"

Vecchi brani rinascono. Gli U2 rimessi a nuovo

Chiamatele, se volete, emozioni. Ma anche esperimenti va bene. Volendo, pure boccata d'ossigeno non guasta. A cinque anni dall'uscita dell'ultimo disco, i nuovi U2 sono vecchi, nel senso che le loro canzoni contenute in Songs of surrender (in arrivo il 17), sono quelle vecchie ma sono irriconoscibili tanto sono state modificate, ricantate, spesso scarnificate. In sostanza è un esperimento mai provato prima in modo così colossale. La più grande rock band del mondo (i Rolling Stones sono fuori gara) pubblica quaranta brani del proprio repertorio, non a caso da One a 40, e l'effetto è decisamente straniante.

Come ha detto The Edge, che ha avuto l'idea e ha prodotto insieme con Bob Ezrin e altri, lo stile e lo spirito degli U2 non cambiano perché «le canzoni hanno un'identità talmente forte che pur essendo reinterpretate in modo diverso non vengono snaturate».

Non si modificano neanche se, come in Stories for boys, la voce è di The Edge, o se in I will follow il testo è stato cambiato rispetto a quello che, ad esempio in Live at Red Rocks del 1983, ha contribuito alla creazione della leggenda U2.

Insomma, l'effetto è straniante, e nell'epoca della prevedibilità musicale, diventa già un gran risultato. Ed è anche la prima volta che la band si frammenta per affidarsi all'individualità. Dopo quasi mezzo secolo di unità monolitica (si sono formati nel 1976), gli U2 presentano le loro quattro facce diverse. Songs of surrender esce in tante versioni diverse ma in tutte si compone di 4 facciate, ciascuna delle quali è intitolata a un componente. Tutti sullo stesso piano: Bono ha dieci canzoni (bella Miracle drug), The Edge idem (11 O'Clock Tick Tock è un ceffone alla memoria) e così per Adam Clayton e Larry Mullen jr. Anche i Kiss lo avevano fatto, ma erano canzoni inedite e non una reinvenzione.

Qui gli U2 sono reloaded. One è tutt'altro. Pride (in the name of love) la riconosci solo quando Bono inizia «One man come in the name of love».... E Sunday bloody sunday non ha quella batteria secca e quella chitarra affilata che hanno acceso gli stadi per decenni: ha un arpeggio dolce e Bono quasi sussurra il testo come se la forza delle parole bastasse già a criticare quella sanguinosa domenica a Derry nel 1972.

Per capirci, Songs of surrender non è il solito greatest hits riveduto e corretto tanto per riempire un vuoto di mercato. È un disco complicato, specialmente per i fan della prima ora che si ritrovano i «loro» capolavori pressoché sfigurati. Persino With or without you ha altri connotati, anche The fly perde ogni cromosoma inquietante. È il nuovo volto della band che si scopre anche in Bono & The Edge: a sort of homecoming, il documentario in uscita su Disney+. In poche parole i sessantenni U2 parlano ai ventenni U2 che hanno scritto i brani più forti e ruvidi del loro repertorio. Songs of surrender è un dialogo generazionale proprio nel momento in cui le generazioni musicali si parlano, si mescolano, si confrontano in quella che è la fase più statica della musica leggera da tanti anni. Le canzoni nate per essere suonate negli stadi, quando il rock non ci era ancora entrato, ora diventano brani come la nuova If God send his angels (da Pop del 1997), che ha un pianoforte in primo piano e sarebbe perfetta per l'atmosfera di un piccolo club.

In fondo questo nuovo esperimento degli U2 potrebbe non restare isolato e ispirare altri artisti che vogliono far rinascere il proprio repertorio per non condannarsi alla nostalgia. Come ha detto The Edge, che è finora l'unico a essersi esposto dopo il tour di Bono con il volume Surrender, a questo giro «l'intimità ha preso il posto dell'urgenza del post-punk. È venuto fuori che una grande canzone è qualcosa di indistruttibile». Eggià.

Gli U2 lo confermeranno in quella che è la loro prima residency, anticipata anche da uno spot milionario durante il Superbowl. In autunno inaugureranno l'Msg Sphere a Las Vegas «la venue più all'avanguardia al mondo» dentro l'hotel Venetian e incentreranno lo show sull'album Achtung Baby.

Per una band abituata agli stadi è un cambiamento non da poco, magari può sembrare pure un declassamento. Ma è anche un segno di vitalità in mezzo a rockstar che vivono di rendita e riempiono gli stadi per abitudine e non per novità.

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