Vent’anni fa rapinò 100 milioni Ora gli chiedono di restituirli

Lo Stato non ha avuto premura. Con calma, a distanza, leggere per credere, di venti anni adesso dovrà restituire il bottino della rapina all’amministrazione delle Poste italiane. Lo ha deciso il giudice del tribunale civile di Monza Piero Calabrò, che ha condannato Umberto, 54 anni, originario di Torre Annunziata ma residente nell’hinterland di Milano, a restituire i soldi razziati nel lontano 1989 all’ufficio postale di Besana Brianza.
Il colpo, all’epoca, fruttò 108 milioni di vecchie lire in banconote fruscianti e che ora al pregiudicato costerà l’equivalente in soldi europei. Tanto per essere precisi, 55.797 euro, oltre agli interessi legali maturati a partire da quel 13 febbraio 1989, quando il malvivente, con due complici aveva preso parte alla rapina terrorizzando addetti e utenti. Lo stesso ufficio era già stato assaltato un mese prima senza successo. I tre balordi avevano fatto incursione, armi in pugno, alle 10.15. Erano arrivati con una Lancia Delta rossa rubata a Piacenza. Al volante proprio il napoletano, all’epoca 24enne. Nell’ufficio avevano fatto irruzione due persone, la prima di stazza robusta e «aspetto piacente» secondo le testimonianze dei presenti che, con una pistola di grosso calibro, aveva minacciato tutti. Il complice, più basso, aveva scavalcato il bancone per farsi consegnare il denaro.
Un colpo da professionisti. E un «malloppo» di tutto rispetto. Attraverso il controllo di un album fotografico con molte facce note alle forze dell’ordine le vittime della rapina riuscirono ad individuare i sospettati del colpo. Facce da brutti ceffi. I carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Seregno, al termine di una lunga indagine, arrivarono a stringere le manette ai polsi del bandito. Processato davanti alla Corte d’appello, in primo grado, si è beccato una condanna a 6 anni di galera. Poi grazie al ricorso, ridotta a 3 anni e 4 mesi. Stessa pena per un compagno d’avventura, mentre l’altro se l’è cavata con l’assoluzione per mancanza di prove.
Copie delle sentenze penali sono state prodotte dai legali delle Poste, probabilmente senza fretta, sulla scrivania di Piero Calabrò. Il giudice ha condannato il rapinatore anche al risarcimento delle spese processuali. Altri tremila euro. Più o meno. Conta poco. «Si tratta di una sentenza unica nel suo genere, che potrebbe creare un precedente importante», fanno sapere dal tribunale di Monza. Ora il 54enne ha messo su famiglia, chiuso col passato da poco di buono, sgobba per tirare fine mese e si trova con un bel grattacapo da risolvere. A che santo deve votarsi per mettere insieme l’importo da rendere ai «danneggiati». Boh.

Che, per pagare il conto con i signori delle poste, mediti di rispolverare il vecchio guizzo e decida di assaltare un ufficio postale? Sarebbe la clamorosa beffa. Del resto quasi sessantamila euro non cadono dal cielo e tentare la strada di chiedere un prestito in banca sarebbe un’impresa impossibile. Magari può tentare di ottenere un fido in Posta.

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