Verona, in missione con le ronde: ecco perché funzionano

Il nostro cronista segue il primo giorno di pattugliamento degli assistenti civici di Verona, modello per il governo Pettorina gialla e fischietto, segnalano senza intervenire. E in città il sistema dà buoni risultati: "I cittadini si fidano"

nostro inviato a Verona

«Assistente civico numero 41, c’è un problema al Parco delle Mura». Sono le 15, il sole a picco rischia di far deragliare le idee, tanto che un uomo dietro due enormi platani, ha appena deciso di denudarsi completamente. Nell’oasi verde preferita dalle ragazze veronesi per fare jogging, non è certo da ignorare il «problema» che Salvatore Cocuzza sta segnalando via radio alla centrale operativa dei vigili urbani, proprio mentre arriviamo per incontrarlo e incamminarci con lui e i suoi compagni di ronda. Tempo cinque minuti e una pattuglia dei vigili interviene: il parco torna immediatamente alla normalità.
Salvo Cocuzza, classe 1941, ex funzionario delle Ferrovie in pensione, è uno degli assistenti civici, in totale poco meno di cento, che hanno fatto diventare Verona l’esempio di quella «sicurezza partecipata». Un esempio che, da ieri, giorno del debutto in società delle ronde per decreto ministeriale, dovrebbe venire seguito e imitato dal resto d'Italia. Già, perché qui a Verona, fortissimamente volute dal sindaco Tosi che ha ceduto di buon grado «il brevetto» al ministro Maroni, le ronde ci sono da novembre. E funzionano. Le armi? Un fischietto, la pettorina giallo fosforescente, il cappellino giallo e la radio sempre sintonizzata sul canale della centrale operativa. In caso di pericolo il rondista non deve fare altro che dare l’allarme e dichiarare numero di matricola e posizione. «Anzi la posizione non servirebbe nemmeno - precisa Salvo, che è presidente di "Ada ambiente" una delle tre associazioni che hanno offerto al Comune di Verona i propri volontari per le ronde civiche - perché i nostri turni e le nostre dislocazioni sono negli ordini di servizio che il commissario Longega stabilisce ogni mese con le varie delegazioni territoriali». Della ronda cui mi unisco fanno parte, oltre a Salvatore, Donato Valenza, 73 anni, pensionato e Matteo Valsella, 33 che, in attesa di firmare un contratto per un nuovo lavoro, non vuole bighellonare a casa. «Qui ci sentiamo utili - interviene Donato - perché la gente si fida di noi. Giorno dopo giorno in questo Parco abbiamo imparato a conoscere un po' tutti. Così quando spunta una faccia nuova, be’ la teniamo d’occhio». Si riempie il parco, mentre camminiamo con i rondisti. Oltre agli incrollabili sportivoni arrivano mamme e bambini. I sorrisi e i cenni di saluto agli «uomini in giallo» si sprecano. Così come le segnalazioni. Alcune piccole, altre piccolissime. La panchina rotta, il cavalluccio di una giostra da sostituire, gli schiamazzi di alcuni giovinastri che da qualche sera amano ritrovarsi poco distante. «Prendiamo nota signora, grazie - risponde Matteo con molto garbo - domani il nostro rapporto sarà sulla scrivania del comandante dei vigili». Le ronde funzionano. I report arrivano, e il comandante dei vigili, Luigi Altamura, nella sala operativa è soddisfatto. Convinto assertore del binomio tecnologia-cittadini, perché a guadagnare sia soltanto la sicurezza di Verona, mi mostra orgoglioso i 62 monitor che grazie da una rete fittissima di telecamere scandagliano ogni angolo della città. E poi la banca dati che interagisce tra l'altro con anagrafe e catasto, altro vanto esclusivo dei vigili veronesi. «Con questi strumenti abbiamo arrestato anche uno scaltrissimo romeno, il re dei ladri di biciclette. Ne rubava una decina al giorno. E i cittadini erano esasperati».
«Grazie agli assistenti civici gli fa eco il commissario Claudio Longega, suo stretto collaboratore abbiamo anche neutralizzato al Parco San Giacomo due bulli che tenevano in scacco un ragazzino di 14 anni».
Per farmela raccontare di persona, questa storia trasloco a Borgo Roma dove, nelle due vaste aree verdi, giusto di fronte all’ospedale, presidiano il territorio con l’occhio vivo, ma certo non con l’aspetto truce di «picciotti», come vorrebbe far credere il giudice De Magistris nella sua sparata contro le ronde, altri quattro «uomini in giallo». Li guida Mauro Merli, 53 anni, artigiano, presidente della «Cancellata», una Onlus che si occupa di disabili. «Il nonno di Fabio conosce uno dei nostri. Così un giorno si è confidato. Gli ha detto che era preoccupato perché suo nipote aveva cominciato a rubargli soldi e a comportarsi stranamente. Abbiamo segnalato il caso ai vigili, che hanno disposto controlli e pedinamenti. E si è scoperto che Fabio era tenuto in scacco da due coetanei che gli estorcevano denaro minacciando di picchiarlo se non avesse pagato». Sorride Giovanni Sartori, 75 anni, altro vecchietto irresistibile che abita proprio di fronte al Parco in via San Giacomo. «Quando non sono in servizio, mi affaccio alla finestra. Non sia mai». C’è un distaccamento sanitario per la cura dell'Alzheimer, accanto al parco e «ogni tanto raccontano Remigio, 64 anni e Leonardo 33, qualcuno dei malati si allontana e comincia a vagare. Allora ci mettiamo a cercarli, li ritroviamo, li prendiamo sotto braccio e li riportiamo ai loro cari. Non è facile, ma siamo qui anche per questo». Già anche per questo.

Ma adesso è sera, e c’è un altro turno. Entrano in scena, al Teatro Romano, gli assistenti civici reclutati dall’associazione pesca sportiva. Chissà, saranno sufficientemente arcigni come li vorrebbe la miope polemica politica?

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