Los Angeles. Sono le 23.15 del 7 settembre 1996 quando, a Las Vegas, una Bmw E38 nuova fiammante si ferma a un semaforo rosso, a bordo ci sono il cantante rap Tupac Shakur e Marion Suge Knight, capo della Death Row Records. La loro vettura fa parte di una carovana di dieci macchine che, con il volume delle radio al massimo, sta percorrendo le strade del centro città. Una vecchia Cadillac si affianca all'auto di Tupac, qualcuno abbassa il finestrino posteriore e comincia a sparare contro l'auto del rapper venticinquenne, colpendolo quattro volte e ferendo lievemente la persona accanto a lui. Sei giorni dopo, il giovane, nato nel 1971 con il nome Lesane Parish Crooks e passato alla storia del rap come Tupac Amaru Shakur, muore per insufficienza respiratoria, in un letto dello University Medical Center of Southern Nevada. Finisce la vita di uno dei più grandi e tormentati artisti hip hop di sempre, comincia la leggenda di 2Pac.
Dear Mama, la docu-serie divisa in cinque puntate e in uscita su Disney + oggi 21 aprile, racconta la storia, i successi e i turbamenti dell'icona del rap, che nel corso della vita ha vinto premi, è stato coinvolto in sparatorie e ha passato mesi in prigione. Un'esistenza e un talento unici, ripercorsi partendo da un punto di vista speciale: il rapporto profondo fra l'uomo e sua madre Afeni. Cominciando dal titolo della serie, ispirato proprio all'omonima canzone del 1995 che descrive in dettaglio la povertà della sua infanzia e la dipendenza dal crack di sua madre, militante e attivista dei Black Panther. «Tupac per me era un amico - spiega il regista e produttore Allen Hughes ma non solo. È stato un mito, un creativo, uno scrittore. Nella serie racconteremo la sua storia, includendo tutti gli incidenti in cui è stato coinvolto. Come la volta in cui è stato colpito da cinque proiettili nella lobby di un palazzo a Times Square, New York, nel 1994».
Dear Mama però apre con un altro episodio.
«Sì, quando sparò a due agenti di polizia fuori servizio ad Atlanta, nel 1993. Mostriamo come una delle vicende che hanno contribuito a fare di lui un mito del gangsta rap, sia andata diversamente da come molti immaginano. Man mano che verranno svelati i dettagli, attraverso diverse interviste, spiegheremo la mentalità e la situazione sociale degli Usa di quegli anni: il film che in tanti si erano creati in testa non corrisponde a ciò che è accaduto».
Tupac ha guadagnato fama proprio dal mito che si era creato attorno a lui, come pensa che commenterebbe questa docu-serie che vuole raccontare la storia reale?
«Proprio di questo parliamo nell'intervista a Snoop Dogg. Credo che Tupac lo apprezzerebbe, perché non era un tipo che scappava dalla verità. A volte lo vedevi comportarsi da duro, gli riusciva bene, ma l'ora dopo tornava a essere chi era. Non credo che avrebbe disapprovato l'idea di mettere a nudo la realtà. Di certo, lui non è mai stato un ragazzo tranquillo».
Che ruolo ha avuto sua madre nel formare la sua personalità?
«Afeni era senza filtri. Non ha mai addolcito niente per lui. Lui è cresciuto in quell'ambiente di verità spietate. Lei era una Black Panther, noi afroamericani la definiremmo una veterana. Quando ero ragazzino ho cercato di entrare nel gruppo e proprio Afeni voleva rimandarmi a casa perché ero troppo giovane. Pensavo che mi avrebbero dato una pistola e mi avrebbero mandato a uccidere un tizio bianco. Invece mi hanno dato una serie di libri e mi hanno fatto capire che la loro era una lotta di classe, in nome di tutti i poveri. Da quel momento fino alla sua morte, Afeni è stata come una sorella maggiore per me. Dear Mama ha una narrazione doppia, da una parte Tupac e dall'altra sua madre, dalle origini agli anni di lotta con le Pantere Nere, fino alla sua morte nel 2016».
Cosa ci sarà di nuovo e inedito in questo show?
«Ci sono riprese e momenti che non erano mai stati mostrati prima. Anche tracce audio che non sono mai state ascoltate, persino dei brani a cappella. Per quanto riguarda Afeni c'è tantissimo materiale. Per i super fan di Tupac, credo che la cosa più importante sia capire perché ha preso certe decisioni e perché ha fatto ciò che ha fatto.
Ero suo amico, gli ero accanto e l'ho visto diventare famoso ma non immaginavo le pressioni a cui era sottoposto. Un'infanzia difficile, una situazione familiare estrema e le enormi aspettative che sua madre e i suoi zii ponevano su di lui, hanno contribuito a creare l'artista e l'uomo tormentato che era».
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