Il violentatore era pronto a riprovarci

Si chiama Terranova, ha 31 anni, è milanese, incensurato e abita in zona Garibaldi-Venezia. È lui il «mostro» che l’11 aprile scorso, nel primo pomeriggio, ha stuprato una tredicenne nelle cantine del palazzo dove la ragazzina abita, in viale Monte Nero, dopo averla minacciata con una pistola. A fermarlo sono stati gli investigatori della squadra mobile. La convalida dell’arresto c’è stata ieri in Procura dopo l’esito dell’esame del Dna.
La violenza sulla ragazzina è avvenuta nel primo pomeriggio di quel mercoledì piovoso. L’uomo - che solo ora si è scoperto è solito palpeggiare le giovani a bordo dei treni della metropolitana, ma che finora non era mai stato sorpreso e bloccato - ha seguito l’adolescente che tornava da scuola, uscendo insieme a lei alla fermata del metrò in Porta Romana (linea 3, la gialla). Davanti al portone di casa l’uomo non ha avuto esitazioni: è entrato insieme a lei, quindi, puntandole addosso una pistola, l’ha costretto a seguirlo nelle cantine dello stabile dove l’ha violentata due volte. Quindi l’ha abbandonata in lacrime ed è fuggito.
La giovane, sconvolta, ha raggiunto l’abitazione e, dopo aver spiegato ai genitori l’incubo di cui era stata vittima, ha raccontato gli scabrosi dettagli di quel che le era accaduto anche agli investigatori della Mobile che non hanno esitato ad affiancarle una psicologa.
Poi è partita la caccia al maniaco. Dal racconto della ragazza la polizia sapeva di avere in mano un elemento preziosissimo: i fotogrammi delle telecamere della stazione di Porta Romana che sicuramente avevano ripreso il volto dello stupratore. Quel volto, quei lineamenti, riconosciuti dalla tredicenne senza esitazioni, sono stati diffusi tra i poliziotti della questura e dei commissariati. Fino a quando, quattro giorni fa - lunedì 7 maggio intorno alle 14.30, sul metrò alla stazione Cordusio (linea 1, la rossa) - casualmente un poliziotto ha notato quell’italiano che palpeggiava delle ragazzine approfittando della calca.
«Sono pochissimi gli italiani che commettono questo genere di reati in metrò - spiega un investigatore -. Di solito capita di arrestare egiziani, nordafricani. Quando il collega ha notato quel giovane italiano che toccava le ragazzine lo ha riconosciuto immediatamente: ci era stato detto che aveva violentato una tredicenne, lo volevamo prendere a tutti i costi e la sua faccia ce l’avevamo bene impressa nella memoria. La certezza che era lui, quello della foto consegnataci dagli investigatori della Mobile, il nostro collega ce l’ha avuta subito: trentenne, alto un metro e 60 e con accento milanese. Proprio come indicato dalla sua giovanissima vittima che ricordava di averlo sentito parlare “come uno di Milano“».
L’allerta violenze sessuali in città a questo punto non può più essere una speculazione del dibattito politico, ma rappresenta una inquietante emergenza. Anche se gli investigatori della Mobile sostengono di non considerare uno stupro (e di non seguirlo quindi come tale) il caso della tossicodipendente che ha raccontato di essere stata stuprata il 3 maggio scorso al Parco Nord, di casi «reali» non ne mancano.

Oltre al fattaccio del 26 aprile nel parco di villa Litta, dove una madre 42enne è stata seviziata (e il responsabile è ancora a piede libero), sempre la stessa mattina una ragazza venne abusata in metrò a Lambrate (il suo aggressore, un pregiudicato 44enne, è finito subito in manette, ndr); il giorno dopo toccò a una 66enne, al Giambellino, violentata da un rapinatore e a una camerunense 24enne, stuprata in zona Gorla da un amico (anche lui catturato), ma anche a due italiane di 24 e 32 anni, palpeggiate da un cingalese, poi catturato, sul mezzanino del metrò di Sant'Ambrogio.

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