Visionari del manganello

Travolta da un tornado di cattive notizie, l’Unità si aggrappa al più collaudato salvagente della sinistra: ossia la denuncia d’un pericolo fascista che minaccia di travolgere le istituzioni. Cosa volete che siano i guasti della Finanziaria - e il malcontento, impietosamente registrato dai sondaggi, degli italiani - in confronto al ripullulare di torve squadracce nere? L’allarme è lanciato dallo storico Nicola Tranfaglia - sotto il titolo «Strategia del manganello» - e da Anna Tarquini (sotto il titolo «Dalle scuole alle piazze: tornano i fascisti»). Secondo Tranfaglia, abituato a richiami dotti, assistiamo a un revival della doppia strategia, di Parlamento e di strada «già adottata dopo la prima guerra mondiale». Mamma mia, che impressione. Siamo all’emergenza. Infatti Tranfaglia chiede drammaticamente «alla coalizione di centro sinistra che è al governo ormai da sei mesi cosa intende fare su un problema come quello degli attacchi allo stato di diritto e alla libertà dei cittadini». Di rincalzo Anna Tarquini elenca violenze nelle scuole e nelle città, e ne deduce che «forse ce n’è abbastanza per sostenere che i fascisti stanno tornando». La tesi è perentoria, ma la dimostrazione fa acqua. Annota la articolista che vi sono state «scritte anti Israele al ghetto di Padova, svastiche in quello di Roma e poi nuovamente nella capitale i negozi della comunità ebraica sigillati». Già, Padova: dove, la Tarquini ricorda anche questo, «due settimane fa alcuni autonomi hanno preso a sassate il padre di Matteo Vanzan, uno dei carabinieri morti a Nassirya».
Poiché c’era, la Tarquini avrebbe potuto accennare ai fantocci raffiguranti un soldato israeliano, un soldato italiano e un soldato americano bruciati a Roma, e all’invocazione «una, cento, mille Nassirya» che nella stessa occasione si levò possente. Indetta forse, la manifestazione, da Fiamma Tricolore o da gruppuscoli che innalzano le croci celtiche? Benedetta da Pino Rauti? Macché. Una manifestazione, lo sappiamo tutti, che estremisti della sinistra hanno organizzato e che ha avuto come autorevole testimone Oliviero Diliberto. Càpita di tutto. Càpita ad esempio che un fiero nemico del revisionismo come Tranfaglia sia a sua volta temerariamente revisionista nell’additare un incombente pericolo nero nel momento stesso in cui l’intero centrosinistra ragionevole s’interroga e si angoscia per la contiguità delle teste calde provenienti dai centri sociali o da altre strutture: che professano l’antipolitica ma che alla politica hanno accesso grazie a esponenti della sinistra ufficiale. Prodi e i suoi hanno bisogno della sinistra estrema, ma sanno quanto sia pericolosa la deriva ribellistica che quella sinistra alimenta. Ma Tranfaglia ha altro per la testa, vede un nuovo Duce dietro l’angolo, si stagliano sullo sfondo le ombre dei fasci littori e i gagliardetti delle quadrate legioni. Li vede, o finge di vederli, solo lui. Gli dà inquietudine, suppongo, qualche successo che le liste di destra hanno ottenuto in elezioni scolastiche. Vorrebbe che tutti gli istituti fossero sempre e comunque dominati da liste rosse, nelle quali ragazzotti smemorati della storia rimasticano vecchi slogan e idee obsolete. Dicono, lui e la Tarquini, che gli elementi di destra spadroneggiano. Ho voluto verificare attingendo al Messaggero di ieri, e al resoconto d’una occupazione del prestigioso liceo Tasso. Il copione è quello solito, ci sono studenti che vogliono studiare, ma i protestanti glielo impediscono anche con le cattive. Cito dalla cronaca: «Passa qualche ora e all’interno della scuola restano un centinaio di ragazzi quasi tutti appartenenti ai movimenti di estrema sinistra... All’esterno altri studenti cercano di dare vita a un’assemblea spontanea esponendo lo striscione «non ora, non da soli, no all’occupazione antidemocratica»... Immediata la risposta degli studenti favorevoli all’occupazione: «Siamo spaccati, ma quelle persone che ora ci contestano comunque non avrebbero dato il consenso all’occupazione. Noi andiamo avanti per la nostra strada e continueremo ad occupare a oltranza l’istituto». Un linguaggio e un atteggiamento del quale il professor Tranfaglia dovrebbe riconoscere l’impronta fascista, l’arroganza intollerante.

Ma quel linguaggio e quell’atteggiamento appartengono all’estrema sinistra, anche se Tranfaglia e la signora Tarquini non se ne sono accorti. Dietro l’angolo non c’è Mussolini. C’è l’imbecillità di riti pseudorivoluzionari che sono tra le cause di sfascio della scuola italiana.

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