Vogliono uccidersi, arrestati per strage

Un’italiana e un albanese hanno tentato per due volte di farsi saltare con le bombole del gas. Sono intervenuti i carabinieri e i vigili del fuoco. I vicini di casa: "Ormai vivevamo nella paura"

Vogliono uccidersi, arrestati per strage

In via Bordighera 29 - a due passi dal Naviglio Pavese, tra il Ticinese e la Barona - si è sfiorata la strage per ben due volte: lunedì e una decina di giorni fa. Si è rischiato, senza esagerare, una fotocopia di via Lomellina 7, quando nel 2006 un’esplosione di gas in uno stabile causò 4 morti. L’altroieri a scongiurare un simile pericolo ci hanno pensato i vigili del fuoco e i carabinieri del radiomobile: i primi sono intervenuti sul posto (avevano già segnalato il problema alla Procura della Repubblica), gli altri hanno arrestato i due responsabili mettendo fine a quello che un barista residente nel palazzo in questione ha definito senza enfasi «un clima di ansia e paura» che durava già da un po’.
Responsabile una coppia che nello stabile aveva già fatto parlare di sé per liti e schiamazzi e che, nei giorni scorsi, in preda allo sconforto, ha bucato quattro bombole di gas da campeggio e ha tentato per due volte di togliersi la vita. Lui è un operaio albanese di 19 anni, lei una madre italiana 38enne, separata. Entrambi senza lavoro e senza la prospettiva di trovarne uno a breve. Di recente l’Aem ha tolto loro la fornitura di elettricità perché non pagavano le bollette e, in quanto morosi, hanno avuto lo sfratto esecutivo, chiesto dal proprietario tramite la società immobiliare cui si era affidato.
Una vita non certo brillante e felice ma che certo non permette di mettere in pericolo la vita dei residenti di un’intero stabile. «Sarebbe bastata una piccola scintilla per provocare danni gravissimi», hanno riferito lunedì i pompieri ai carabinieri.
Intorno alle 13, quindi, i militari hanno bloccato i due e li hanno arrestati mentre i vigili del fuoco hanno provveduto a mettere in sicurezza le quattro bombole. L’uomo e la donna sono stati inizialmente portati all’ospedale San Paolo per le cure da un principio di intossicazione e dimessi alle 16 con una prognosi di un giorno. Più tardi, su disposizione del pm Carlo Nocerino, per loro si sono aperte le porte del carcere di San Vittore. Sono infatti accusati di strage, un reato che non ammette il tentativo: per la consumazione del delitto è sufficiente che il colpevole compia atti che abbiano l'idoneità a cagionare una situazione di concreto pericolo per il bene tutelato e, quindi, si considera come reato un comportamento che potrebbe configurare una ipotesi di tentativo. Proprio ciò di cui si è resa responsabile la coppia in questione.


Venerdì 18 settembre si celebra il quarto anniversario della violenta esplosione di gas che, alle 8 di sera, causò lo sventramento della palazzina di via Lomellina 7, lasciando dietro di sé macerie su macerie e il tragico bilancio di quattro morti, tra cui un bambino di appena 7 anni e un giovane albanese che si trovava, per puro caso, a passare sotto l'edificio. I feriti furono oltre una cinquantina. La città si rialzò in fretta e con coraggio da quella tragedia, ma sulle responsabilità di quella esplosione non si riuscì mai a fare luce completamente.

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