«Una volante rossa di magistrati manovrava la Procura di Napoli»

La denuncia del senatore Bobbio all’Antimafia: «Dopo indagini sul pm Mancuso venne architettato un dossier pieno di calunnie contro di me»

La dichiarazione più morbida è quella del membro della Commissione parlamentare antimafia Giuseppe Gambale dopo l’audizione dei magistrati napoletani: «La Procura di Napoli organizza attività di intelligence al suo interno, ad uso delle faide tra magistrati». La storia, che si trascina da tempo, si può fare risalire alle indagini sul pm Paolo Mancuso accusato di frequentare, andandoci persino a caccia insieme, personaggi legati a clan camorristici.
Mancuso, sul quale è stata aperta una pratica dinanzi al Csm per incompatibilità ambientale, è difeso dal procuratore generale di Napoli Vincenzo Galgano che all’inaugurazione dell’anno giudiziario ha polemizzato vivacemente contro il governo e la maggioranza, al punto che il senatore Luigi Bobbio, a sua volta ex Pm e membro della commissione Antimafia e della commissione Giustizia, intervenne dopo di lui per dichiarare sardonicamente: «Prendiamo atto che il procuratore generale, alla vigilia delle elezioni, è sceso in politica».
Galgano ha reagito con una nota riservata in cui chiede alla procura di Roma se Bobbio, che è stato a lungo nella Direzione distrettuale antimafia di Napoli, non abbia compiuto «omissioni» nel condurre le indagini sul clan camorristico di Secondigliano: «È possibile ravvisare - ha scritto Galgano - senza impegno di fantasia e senza ricorso a strumenti logici e giuridici sofisticati, i possibili estremi di numerose fattispecie criminose e, in particolare, persino del cosiddetto concorso nel delitto di cui all’articolo 416 bis (associazione per delinquere di tipo mafioso)».
Bobbio ha denunciato Galgano per calunnia e per abuso d’ufficio e ha attribuito le accuse a una rivalsa contro il suo impegno legislativo nella preparazione e nella difesa della riforma della giustizia e la sua attività nella commissione Antimafia per chiarire le vicende del pm Mancuso: «Dopo cinque anni di attività parlamentare a loro non gradita si è creata una convergenza interna a una sorta di volante rossa di magistrati, i quali hanno individuato in me il loro avversario e si sono inventati queste calunnie facendo un dossieraggio illegale. Avrebbero controllato e spulciato tutti i miei fascicoli, frutto di quindici anni di lavoro, otto dei quali nella Direzione distrettuale antimafia, con il misero risultato di tirarne fuori due striminziti episodi, suggestivamente e strumentalmente letti, dieci o dodici anni dopo che si sono verificati, per creare questa calunniosa denuncia».
Le cose erano a questo punto, e avevano già provocato l’invio a Napoli degli ispettori del ministero della Giustizia, quando si è verificato il clamoroso colpo di scena. Due magistrati napoletani, il pm Giovanni Corona, ora in aspettativa essendosi candidato alle elezioni, e il pm Felice Di Persia, ora in pensione, hanno raccontato che il dossier utilizzato dal procuratore generale Galgano contro Bobbio era a conoscenza di diversi magistrati della procura napoletana e sarebbe stato ispirato proprio dal pm Mancuso.
Particolarmente agghiacciante è stato il racconto di Corona: «Nell’agosto scorso, quando già infuriava il caso Mancuso, mi rivolsi a un collega in ferie, il pm della Dda Raffaele Marino, per chiedergli di scaricare dal suo computer la modulistica per un mandato di arresto europeo. Dopo avere scaricato il materiale che mi serviva, fui colpito dal nome di un file sul desktop, “Mancuso”. Mi incuriosii e lo aprii... Nel documento c’era la ricostruzione di una lunga serie di inchieste che erano state prima di Bobbio e che poi erano passate a me, c’erano anche atti coperti dal segreto istruttorio, e la conclusione di quel documento era l’accusa a Bobbio di associazione camorristica... Marino poi mi spiegò che aveva ricevuto quel materiale dal procuratore aggiunto nel maggio precedente e che Mancuso voleva un parere su quella che doveva essere la sua memoria difensiva dinanzi al Csm...».
Dunque il dossier risaliva al maggio dell’anno scorso e proprio in quel periodo Galgano aveva chiesto al procuratore capo Lepore una relazione sulle indagini svolte da Bobbio negli anni precedenti sul clan di Secondigliano. Lepore gli risponde il 14 luglio, riprendendo molte delle argomentazioni contenute nel file “Mancuso” del computer del pm Marino, e che riaffiorano pari pari nell’atto d’accusa firmato alla fine dell’anno dal procuratore Galgano. Insomma, quel file, prima scritto da Mancuso e poi da lui utilizzato nella sua memoria difensiva al Csm, quindi proposto anche a Lepore, che lo manda a Galgano in risposta alla richiesta di informativa, finisce in ultimo per essere riprodotto da Galgano per accusare Bobbio: «C’è sovrapponibilità tra il file di Mancuso, la sua relazione difensiva al Csm e il fascicolo accusatorio presentato da Galgano alla procura di Roma». E Corona aggiunge: «Fu Lepore ad autorizzare Mancuso ad accedere agli atti investigativi sul clan di Secondigliano per costruire la propria difesa...».
Ma a quanto pare quella consultazione sarebbe servita a costruire le accuse di Galgano contro Bobbio, di cui in definitiva il vero regista sarebbe stato proprio Mancuso.

E nessuno dei magistrati della procura di Napoli che sono venuti a conoscenza del dossier messo insieme con i dati provenienti dagli atti di indagini segretati è intervenuto per bloccare l’operazione: «Invece di combattere la camorra - ha concluso il commissario antimafia Gambale - i magistrati napoletani organizzano questo tipo di attività...».

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