Il voto in Turchia, né di destra né di sinistra

La stampa turca non ha dubbi nel considerare conservatore il partito Akp del premier Erdogan, che però, secondo alcuni opinionisti europei, è progressista. E il bello è che entrambi possono avere ragione. O torto. L'unica vera distinzione rimane tra partiti laici e religiosi, più o meno moderati

Il voto in Turchia, né di destra né di sinistra

Ankara - Ma in Turchia ha vinto il centrodestra o il centrosinistra? Dipende. La stampa turca non ha dubbi nel considerare conservatore il partito Akp del premier Erdogan, che però, secondo alcuni opinionisti europei, è progressista. E il bello è che entrambi possono avere ragione. O torto. Confusi? Non c’è da preoccuparsi, queste alchimie rientrano nel Dna di un Paese che non riesce ancora a definire la propria identità. È europeo o asiatico? Secolare come voleva Atatürk o, nell’animo, nostalgicamente ottomano? Moderno o rurale? Tormentato, questo sì. E allora è illusorio tentare di applicare le categorie partitiche valide in Occidente al mondo politico turco.

Prendiamo il Partito per la Giustizia e per il Progresso, trionfatore delle elezioni con quasi il 50% dei voti. Si considera conservatore, ma in politica estera e, soprattutto, in quella economica è stato finora ultrariformista: è amico degli Usa, vuole entrare nell’Unione Europea e liberalizza i mercati spalancandoli agli investitori stranieri. Eppure qui molti non lo considerano davvero di destra né davvero di sinistra. Perché oggi la vera distinzione è tra partiti laici e religiosi. E l’Akp è costituzionalmente religioso. Moderato? Senza dubbio, nel senso che persegue il suo obiettivo finale (la reislamizzazione della società turca) rispettando la democrazia e le regole dell’economia di mercato.

Alla sua destra troviamo il Saadet di Erbakan, che è molto più radicale e alle ultime elezioni ha ottenuto solo il 2,3%, mentre non esistono partiti musulmani di sinistra. Esattamente il contrario di quel che accade tra i partiti secolari, dove quello principale - il Chp, repubblicano, fondato da Kemal Atataurk - si colloca tradizionalmente al centrosinistra, ma propone programmi di centrodestra ed è aperto all' adesione all'Unione europea. Aperto sì, ma non troppo. Perché come tutti i partiti laici è caratterizzato da un nazionalismo viscerale. La patria, conta solo la patria, con un fanatismo estraneo alle moderne consuetudini dei Paesi occidentali. Il Chp ha ottenuto un deludente 20,9%, mentre terzo è arrivato l'Mhp, il movimento nazionalista di estrema destra, a cui fanno riferimento storicamente anche i Lupi Grigi, l'organizzazione responsabile dell'attentato a Giovanni Paolo II, per mano di Ali Agca. E i conservatori moderati? Esistono ma non sono riusciti a superare lo sbarramento del 10%, e comunque sono difficili da definire. Loro, che si dichiarano di centrodestra, hanno deciso di chiamarsi Democratici, come se fossero di sinistra. Il loro partito in realtà è una scatola vuota, frutto della fusione, subito abortita, tra la formazione della Retta via e quella della Madra Patria.

E non finisce qui, perché la vera sinistra moderata da sempre è rappresentata dal Pds, un tempo potentissimo e ora ridotto a percentuali irrisorie per essere rimasto fedele al leader storico, Bulen Ecevit, fino alla sua morte (sopravvenuta nel novembre 2006), nonostante negli ultimi tempi fosse gravemente malato. Il paternalismo, tipico della società rurale dell'Anatolia, si riflette nella politica: è inconsueto che i capi storici vengano destituiti o che si dimettano dopo un insuccesso alle urne.

Non a caso il grande sconfitto delle elezioni di domenica scorsa, il leader dei repubblicani Deniz Baykal, ha già annunciato, senza contestazioni, che resterà al suo posto.

E questo spiega il declino della Turchia secolare. Finché prevarranno gli «elefanti» sarà impossibile che emergano leader laici nuovi e credibili. E l'islamico Erdogan potrà continuare a spacciarsi per un illuminato. Di destra o di sinistra, fate voi.

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