Walter Tevis: L'arte di fare letteratura con l'ultima buca

Torna in libreria «Il colore dei soldi» l'ultimo romanzo di uno degli scrittori più geniali e incompresi d'America

Matteo Sacchi
Se uno scrive «Walter Tevis» e ci appiccica le parole «genio della letteratura» è probabile che il lettore si chieda: «ma di chi sta parlando il recensore?».
Se uno invece scrive un'elenco di titoli -L'uomo che cadde sulla Terra, Lo spaccone, Il colore dei soldi, La regina degli scacchi- il lettore, ma soprattutto il cinefilo, fa subito sì-sì con il capino, gli è evidente che sono opere di un genio. Semplicemente non sa che il genio è Walter Tevis(1928-1984): uno degli scrittori più ingiustamente dimenticati della storia d'America. Uno degli scrittori più travagliati della storia d'America.
E allora prima di parlare de Il colore dei soldi appena ripubblicato da Minimum Fax (pagg. 332, euro 13) val la pena di dire due cose sull'autore che ha inventato la più famosa saga del biliardo, quella che ruota attorno a Fast Eddie e che al cinema ha avuto la faccia di Paul Newman.
Walter Tevis nella sua vita è stato: un bambino precocemente malato, un tossico involontario a causa delle pesantissime dosi di fenobarbitale con cui veniva curato, uno studente che si manteneva all'università giocando a bigliardo, un'oscuro professore di scuola superiore, lo scrittore più amato da Hollywood, un'alcolista che ha buttato via il successo, un autore che riesce a tornare sulla breccia dopo anni e, appena ci riesce, muore stroncato da un tumore al polmone.
Insomma Tevis, purtroppo per lui, era i suoi personaggi. E se questa frase, ridotta al grado zero, è vera per tutti gli scrittori nel caso di questo eterno ragazzo insicuro, che si trincerava dietro i suoi occhiali spessi, assume un senso altro. L'alcolismo e la malattia di Tevis sono la fragilità de L'uomo che cadde sulla terra. La caduta di Fast Eddie ne Lo spaccone, nonostante il suo talento per il bigliardo sia assoluto, altro non è che la caduta letteraria di Tevis che smise di scrivere nonostante la sua penna fosse magica. È l'ammissione, durissima e chiaroveggente, che nella vita essere i più bravi spesso non basta. E il ritorno di Fast Eddie in Il colore dei soldi altro non è che la presa di coscienza che, a volte, bisogna ributtarsi nella mischia anche se, parola di Tevis-Eddie, «Te ne sei rimasto seduto sul tuo talento per vent'anni».
E bastano i temi, elencati sin qui, per raccontare qualcosina degli Stati Uniti degli ultimi cinquant'anni e dell'essere umano in generale. Eppure non è questo il motivo per cui val la pena di procurarsi tutti i romanzi di Tevis, leggerli in fila, chiudendo proprio con Il colore dei Soldi. Le trame sono di una malinconia spettacolare e scavano a fondo nell'impossibilità del successo, con strana e surreale leggerezza.

Ma l'incanto di Tevis è nella parola, nella descrizione, non tanto nelle storie che racconta. Nel senso di sospensione che caratterizza le pagine e che sembra dire al lettore: «la parte difficile non è vincere o perdere, è tentare la fortuna».

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