Zalone fa boom anche al cinema e azzanna i vampiri depressi

Scrive Luca Medici, firmandosi Checco Zalone, in Come arrivare all’acne del successo (Mondadori), manuale per aspiranti rockstar: «Il cantante non è un mestiere uguale agli altri, è peggio. Se uno fa il muratore, l’idraulico, l’imbianchino, il ferroviere, può essere bravo o no, ma è pur sempre muratore, idraulico, imbianchino, ferroviere. Il cantante no: o è famoso o non è cantante. Immaginati la mia sfiga. Sono nato a Polignano a Mare, lo stesso paese di Domenico Modugno, l’uomo che con Nel blu dipinto di blu è diventato famoso in tutto il mondo, mentre la mia canzone Fucsia non l’ha cagata nessuno».
È improbabile che brani dai versi parimenti pittoreschi e scorretti, anche politicamente, come Immensemente Angela, I uomini sessuali e Lo sto sognando - inseriti nel cd allegato al libro e nel film Cado dalle nubi, da Medici/Zalone interpretato per la regia di Gennaro Nunziante - s’impongano come Nel blu dipinto di blu. Ma è notevole che all’uscita il film abbia incassato 2.700.000 euro, trecentomila più del temibile - in tutti i sensi, specie in quello estetico - New Moon. Per un prodotto italiano, costato meno di quattro milioni, si può intuire che arriverà ai dieci milioni nelle sale, ai quali si aggiungeranno i proventi dei diritti tv e dell’home video, moltiplicando per due i proventi; per l’estero c’è il limite che le vicende di un pugliese a Milano non si vendono come quelle di un siciliano in Sicilia (vedi il filone Tornatore).
Per passare dall’acne all’acme del successo, Medici ha creato Checco Zalone e si cela dietro di lui, come fece Antonio de Curtis dietro Totò. Ecco perché, nell’ebbrezza da trionfo al botteghino, ieri ha detto: «Mi sento l’unghia del mignolo di Totò». Sarà dunque Zalone il nuovo volano del nostro cinema?
Come Totò, poi come Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, come i western-spaghetti, come gli erotici-soft, insomma come quei film di genere che arricchivano i produttori tanto da obbligarli, per ridurre le imposte, a dilapidare una frazione di guadagni col cinema d’arte...
I comici imposti dalla tv, ma accettati anche al cinema, sono ormai legione: Tognazzi, Vianello, Villaggio hanno aperto la via; l’hanno seguita Abatantuono; Boldi; Pieraccioni; Panariello; Aldo, Giovanni & Giacomo; la Littizzetto; Ficarra & Picone, che però non hanno raggiunto la stessa dimensione. Sono rimasti buoni professionisti. La differenza pratica fra professionismo e divismo è la capacità o no di stimolare investimenti quasi sicuri.
Che cosa contribuisce al divario, oltre al talento, diverso per ognuno? Il marchio impresso dalle tv commerciali s’è rivelato più indelebile che quello della Rai in bianco e nero. È come se ormai il pubblico ritenesse un diritto veder gratis, a casa, i suoi comici. Quelli approdati bene al cinema hanno avuto una grossa regione o un’intera area geografica a sostenerli, più per spirito di campanile che per spirito arguto. Ci sono entrambi all’origine del successo di Checco Zalone, pseudonimo originato dalla locuzione «che cozzalone», «che cafone» in dialetto pugliese.
La Puglia dei Di Crollalanza e dei Di Vittorio, nei giorni della grande politica nazionale; la regione dei De Robertis e dei Di Leo, nel giorni del grande cinema nazionale, è onnipresente sul grande schermo, anche per la vivacità della sua Film Commission, guidata da Oscar Iarussi: venerdì prossimo, per esempio, uscirà L’uomo nero di e con Sergio Rubini, affiancato da Riccardo Scamarcio, anche loro prodotti del vivaio locale. Ma Medici/Zalone racconta una partenza verso il Nord e il futuro. Rubini racconta un ritorno al Sud e al passato. Come Moraldo nei Vitelloni di Fellini, Zalone lascia la famiglia: la provincia è rinuncia alle ambizioni e lui non vi rinuncia, dunque gli occorre l’Italia. Insomma, il disimpegnato Zalone va verso il progresso, l’impegnato Rubini verso il regresso, per il quale la Puglia (ma sarebbe lo stesso se fosse la Padania...) basta e avanza.


Se L’uomo nero resterà un film localistico, solo un po’ più ambizioso di altri; se Cado dalle nubi continuerà a essere un film italiano, avremo un segnale incoraggiante sullo stato della Nazione, fra tanti segnali deprimenti sullo stato della democrazia.

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