Zapatero getta la maschera e mette la kefiah

Il ministro degli Esteri corre ai ripari: critica leale e non anti semitismo

Marcello Foa

Dicono, i suoi consiglieri, che non voleva farsi fotografare in quel modo. Dicono che è tutta colpa di un attivista che, approfittando della ressa durante il convegno dei Giovani socialisti ad Alicante, gli ha messo una kefiah sulle spalle. Sarà, ma la foto di uno Zapatero visibilmente compiaciuto con indosso il copricapo bianco e nero, simbolo dei palestinesi, ha fatto il giro del mondo. E ora la polemica infuria. L’ambasciatore israeliano in Spagna, Victor Harel, parla di «relazioni danneggiate» tra i due Paesi. Il quotidiano El Mundo sbatte l’immagine in prima pagina e stronca il premier definendo il suo gesto «un grave errore nel peggior momento della crisi». Il Partito popolare lo accusa di «incompetenza» e di «ignoranza» della situazione in Libano.
Una bufera che per il capo del governo socialista non sarà facile placare. Perché tra i leader europei, è stato lui il più severo censore della «reazione sproporzionata» dello Stato ebraico. Lui che, proprio mercoledì ad Alicante ha deplorato «l’uso abusivo della forza che non permette alle persone innocenti di difendere la propria vita» e ha avvertito Olmert che «il silenzio di oggi sugli eventi in Medio Oriente potrà diventare il rimpianto di domani in quanto aspettare costa vite umane». Zapatero pacifista, Zapatero l’amico degli arabi: quella foto con la kefiah turba ma non sorprende. È passato dalle parole ai fatti, scrivono i giornali spagnoli.
E Israele insorge. L’ambasciatore afferma che le relazioni fra i due Paesi «non attraversano il loro miglior momento» e parla di «fobia anti-israeliana» e di affermazioni «propagandistiche» del premier spagnolo. Ricorda che Gerusalemme si confronta non solo con i sequestri ma anche «con diecimila missili a largo raggio di fabbricazione iraniana in mano agli Hezbollah». Infine avverte che «qualunque dichiarazione non equilibrata avrà ripercussioni su coloro che intendono usare la propria influenza per risolvere i conflitti». La frase è sibillina, ma il suo significato non sfugge alle feluche di Madrid: spagnolo è l’attuale ministro degli Esteri dell’Unione Europea, Xavier Solana, spagnolo è l’ex mediatore della Ue in Medio Oriente e attuale ministro degli Esteri, Miguel Angel Moratinos. I loro sforzi diplomatici nella regione ora rischiano di essere compromessi.
E proprio Moratinos cerca di correre ai ripari. Risponde duramente, ma non all’ambasciatore israeliano, bensì a Mauricio Hatchell, ex presidente della Federazione sefardita e membro della Commissione internazionale sull’oro nazista, che l’altro ieri aveva addirittura bollato come «antisemita» la posizione di Zapatero. «Sono accuse intollerabili - dichiara Moratinos - Ed è un grave errore confondere la critica leale a Israele con atteggiamenti contro il popolo ebraico e il mondo semita. Sono certo che quando il premier andrà al Muro del Pianto, indosserà la kippah ebraica».
Ma al di là degli impeti polemici è proprio il ministro degli Esteri a distanziarsi, in via ufficiosa, da Zapatero. All’inizio della crisi il governo spagnolo aveva espresso una «decisa condanna dell’attacco armato e del sequestro di due soldati israeliani» chiedendo la loro «immediata e incondizionata liberazione» e «la fine delle aggressioni armate contro lo Stato ebraico». Solo in seconda battuta invitava Gerusalemme ad «agire con moderazione e in modo proporzionato».


Questa posizione «equilibrata» è stata però corretta da Zapatero che con il passare dei giorni ha aumentato di intensità le critiche allo Stato ebraico, trascurando quelle a favore, fino allo strappo di Alicante: il discorso, la kefiah e un sorriso che non lascia margine ai dubbi. Zapatero si è schierato.

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