PopVicenza, la Consulta salva Zonin dalla maxi-confisca di quasi 1 miliardo

"La sanzione risulta manifestamente sproporzionata"

PopVicenza, la Consulta salva Zonin dalla maxi-confisca di quasi 1 miliardo
00:00 00:00

È illegittima la confisca di tutti i beni utilizzati per commettere un reato societario quando i risultati sanzionatori sono «manifestamente sproporzionati». Con questa motivazione, la Corte Costituzionale, con una sentenza depositata ieri, ha dichiarato parzialmente incostituzionale l'articolo 2641, primo e secondo comma, del Codice civile e ha salvato l'ex presidente di PopVicenza, Gianni Zonin (in foto), e altri tre imputati (gli ex dirigenti Paolo Marin, Andrea Piazzetta ed Emanuele Giustini) per il crac dell'istituto dalla maxiconfisca di 963 milioni disposta in primo grado dal Tribunale di Vicenza.

L'importo, secondo i magistrati berici, corrispondeva alle somme di denaro utilizzate per la commissione dei reati di aggiotaggio e di ostacolo alla vigilanza della Banca d'Italia e della Bce. Il calcolo era stato effettuato sommando tutti i finanziamenti concessi a terzi per le cosiddette «operazioni baciate». In pratica, la Popolare concedeva fidi a soci o ad altri in procinto di diventarlo affinché acquistassero le azioni in sede di aumento di capitale. Tali finanziamenti, di fatto essendo vietati (perché annullano per un importo corrispondente il nuovo capitale emesso e quindi non possono essere computati a patrimonio di vigilanza; ndr), non erano contabilizzati secondo le modalità previste dalla legge.

In secondo grado, la Corte d'Appello di Venezia aveva parzialmente confermato la responsabilità penale degli imputati, ma aveva revocato la confisca, ritenendola in contrasto con il principio di proporzionalità delle pene sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Ue. Il procuratore generale aveva quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte d'Appello avesse erroneamente disapplicato l'articolo 2641 del Codice civile che impone al giudice di confiscare i beni utilizzati per commettere, tra gli altri, i reati di aggiotaggio e di ostacolo alle funzioni di vigilanza. La Suprema Corte ha condiviso i dubbi della Corte d'Appello sulla possibile sproporzione della confisca e ha sollevato la questione di legittimità costituzionale sull'articolo 2641 innanzi alla Consulta per verificare la compatibilità della norma con i principi costituzionali e i diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. «A nostro giudizio è una norma incostituzionale perché permette un'azione abnorme», aveva dichiarato all'epoca il difensore di Zonin, Enrico Ambrosetti.

La Corte costituzionale ha chiarito che la confisca dei beni utilizzati per commettere un reato ha natura di pena patrimoniale e, in quanto tale, deve rispettare il principio di proporzionalità. È stato, infatti, rilevato che «una norma che imponga in ogni caso la confisca integrale degli importi utilizzati per commettere un reato, senza considerare le capacità economiche del reo e la sua responsabilità effettiva, è strutturalmente suscettibile di generare sanzioni sproporzionate».

La Consulta ha pertanto dichiarato parzialmente incostituzionale la norma, lasciando al legislatore il compito di introdurre una nuova disciplina nei limiti consentiti dal principio di proporzionalità, in linea con altri ordinamenti giuridici e con la legislazione dell'Ue. Rimane invece in vigore l'obbligo di confiscare integralmente i profitti derivanti dal reato, sia in forma diretta che per equivalente, a carico di qualunque soggetto.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica