Che bel movimento

Marco Minniti ha proposto di non chiamarle più "migrazioni" ma "movimenti di persone"

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Ieri abbiamo letto con interesse l'intervista rilasciata da Marco Minniti, già ministro dell'Interno nel governo Gentiloni, sulla «questione Libia». Minniti è un politico serio, un uomo d'ordine, figlio di un generale, vicino a D'Alema e ligio al Pd. Da sinistra considerato un para fascista, da destra un pericoloso comunista. Comunque, l'intervista non si può negare spicca per intelligenza quando spiega che cosa vuol dire la ragione di Stato e per onestà quando chiarisce che la questione migratoria va affrontata senza strumentalizzazioni.

Però c'è un punto che ci ha disorientato. Ed è dove Minniti propone di non chiamarle più «migrazioni» ma «movimenti di persone».

Apprezziamo l'umanità. Ma è la vecchia, pericolosa, pretesa di volere cambiare la realtà partendo dalle parole. È lo sdoganamento di un fatto attraverso l'addolcimento dei termini. «Clandestino» diventa prima «migrante», poi «risorsa», quindi «persona che si muove», domani «viaggiatore», dopodomani «turista» e alla fine ha ragione Salvini quando li chiama vacanzieri.

Ma poi. «Persone che si muovono». Non è un po' vago? Anche sulla Varese-Milano alle 7 del mattino ci sono un sacco di persone che si muovono.

E non ti dico in metropolitana che movimento che c'è! E a Roccaraso, ultimamente, ci sono migliaia di persone che si muovono... E quindi?

Infine, scusate il dubbio. Ma come mai queste persone che si muovono, poi si fermano sempre in Italia? E dopo non si muovono più?

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