"La follia e il genio sono un veleno: poco cura, tanto uccide"

Lo scrittore cileno: "Alla base della fisica ci sono misteri irrisolti: il re è potente, ma nudo"

"La follia e il genio sono un veleno: poco cura, tanto uccide"

Nei libri di Benjamin Labatut, i geni del Novecento, da Fritz Haber a Heisenberg (al centro di Quando abbiamo smesso di capire il mondo, Adelphi 2021), da Paul Ehrenfest a John Von Neumann (il «padre» dell'Intelligenza artificiale, protagonista di Maniac, Adelphi 2023), ci conducono in quella zona limite della scienza, in cui l'incertezza incrina la razionalità e il progresso dubita di sé. Lo scrittore cileno sarà in Italia domani, per ricevere il Premio Hemingway a Lignano Sabbiadoro.

Benjamin Labatut, a che cosa si ispira?

«Sono affascinato dalle cose molto astratte e difficili, quasi impossibili da comprendere; le cose che fanno emergere i limiti del nostro pensiero e ne mostrano i paradossi; quelle al cuore del nostro essere, delle quali è arduo scrivere, perché sono vicine a quel territorio di cui, secondo Wittgenstein, sarebbe meglio tacere».

Qual è lo scopo della letteratura per lei?

«La letteratura che mi interessa ricorda la magia: è un tentativo di parlare dell'indicibile, di avvicinarsi all'inconoscibile. È ciò che la letteratura ha sempre realizzato: una interazione con l'invisibile».

In questo la letteratura è più potente della scienza?

«Credo che la scienza non abbia alcuna forza al di fuori del suo scopo, cioè definire ciò che è reale e misurabile. Ma ci sono così tante cose irreali eppure meravigliose, potenti, importanti che ricadono al di fuori del reame di ciò di cui la scienza può parlare...»

Quando funziona la scienza?

«Il potere della scienza è relativo al fatto che abbia dei limiti, che abbia stabilito che ci sono cose di cui non possa parlare. È curioso che poi si sia deciso che queste cose siano, di conseguenza, illusorie e non importanti. Invece sono le più importanti: la finzione, l'immaginazione, l'allucinazione, la percezione errata».

Perché sono importanti?

«Sono aspetti cruciali della nostra conoscenza e della nostra interazione con il mondo e con noi stessi. E la letteratura è uno dei meccanismi migliori per studiare la mente e i modi attraverso cui attribuiamo senso e significati al mondo. Non abitiamo soltanto un mondo, ma molti: questa è una capacità straordinaria della mente umana».

Che cosa rivela la letteratura della scienza?

«Mostra che, mentre il re è potente, è anche nudo: alla base della matematica ci sono dei buchi neri giganteschi. È un enorme paradosso: i misteri profondi e irrisolvibili sono proprio lì, alle fondamenta della scienza, e rimangono insoluti».

Di quali fondamenta parla?

«Quelle della logica, della fisica, della matematica. Inevitabilmente, la scienza si scontra col mistero di ciò che è sconosciuto e inconoscibile: è una esperienza sconvolgente comprendere quanto la realtà ecceda le nostre capacità. Siamo una specie infestata: siamo abitati da forze che non comprendiamo. E sarà così anche se riusciremo a creare una teoria unificata della fisica o a raggiungere un'altra galassia».

John Von Neumann è considerato però il precursore dell'Intelligenza artificiale e di una visione opposta, meccanicistica, dell'uomo.

«In realtà Von Neumann, come Turing e Boole, per me è più come un archeologo, che ha scoperto qualcosa di miracoloso: c'è una forza, una magnificenza nella computazione, che è la linfa vitale del XXI secolo. Von Neumann ha intravisto le possibilità e il potenziale della computazione applicata a un substrato non biologico».

Che cosa significa per noi?

«Noi siamo di più e di meno di ciò che pensiamo di essere. I nostri neuroni sono probabilmente mossi da una logica binaria; ma i prodotti della nostra mente possiedono una complessità che nessun modello razionale può racchiudere. Il che è fonte di frustrazione e di salvezza insieme».

In che modo?

«Non c'è mondo, per noi, che sia completamente illuminato; e questo per noi è un inferno, perché soffriamo a causa delle ombre che noi stessi gettiamo, ma senza le quali non possiamo stare. Oggi abbiamo a che fare con nuove forme di ombre».

Di che ombre si tratta?

«Stiamo estrapolando aspetti del nostro mondo nelle macchine, gettando all'esterno parti che esistevano soltanto in noi: come potremmo non avere paura? Come può tutto questo non essere spaventoso e meraviglioso?».

Questa nuova realtà è pericolosa?

«Siamo esseri biologici: la realtà è pericolosa, da sempre. Quanto più cresce la forza della tecnologia, tanto più entriamo in contatto con un'oscurità sempre maggiore, fisica e mentale. Von Neumann ci dice che sta sempre a noi decidere ciò che vogliamo o non vogliamo: è dal 1950 che possiamo autodistruggerci...».

I geni di cui racconta vivono sul filo della follia: hanno visto troppo?

«È il problema dell'Illuminismo: la nostra grandezza è tragica. Per me la follia ha valore da una prospettiva letteraria: ci ricorda che nell'universo ci sono cose che non rispondono alla ragione, che sono ingovernabili. Uno scrittore deve incorporare questa follia nella sua tavolozza e usarla in piccole quantità, come un veleno: poche gocce ti curano, troppe ti uccidono. Così è con il genio e così è con la follia».

L'ossessione per le macchine e la razionalità è una reazione a questa paura dell'ingovernabile?

«Certo. Da sempre l'umanità scaccia le proprie paure giocando e creando: quello che stiamo creando ora, questi modelli matematici della nostra ragione, sono necessari alla nostra sopravvivenza e, proprio per questo, possono anche essere gli strumenti della nostra estinzione. Ogni cosa che ci permette di sopravvivere può anche distruggerci: questo ci insegna la scienza».

Sono i nostri demoni?

«Sono una parte necessaria di noi: Von Neumann ha guardato nell'abisso, sporgendosi dal suo orlo. Perché è solo lì, sul limitare, che certe cose di noi diventano visibili: bisogna fare quel passo verso la distruzione, e poi tornare indietro».

I progressi della scienza le fanno paura?

«Ho più timore di quelle cose che, di solito, sono considerate buone da tutti: trovo intollerabile il bene assoluto. Anche perché siamo sempre stati più bravi ad avere a che fare con il diavolo».

Per esempio?

«Noto una ossessione globale delle persone a essere buone, in salute, felici... Ma le persone sono complesse, oscure, tormentate. Quando ti guardi dentro, dovresti sempre provare un po' di paura».

Di che cosa scriverà ora?

«Di logica. Credo sia uno dei modi per comprendere e iniziare a nominare quelle entità che, per ora, sono immagini. Come ogni scrittore, ho la mia ossessione».

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