
La Corte Costituzionale dà ragione al governo sul meccanismo di raffreddamento della rivalutazione automatica delle pensioni superiori a quattro volte il minimo Inps, introdotto dalla Legge di Bilancio 2023. La Corte si è espressa ritenendo che l'introduzione di tale misura «non ha leso i principi di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza posti a garanzia dei trattamenti pensionistici». Pertanto, la Consulta con sentenza numero 19 pubblicata ieri ha bollato come non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate da alcune sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei Conti.
La scelta del governo Meloni di introdurre un adeguamento non pieno all'inflazione per le pensioni più alte è stata ritenuta dai giudici della Corte Costituzionale come «coerente» con le finalità di politica economica «chiaramente emergenti dai lavori preparatori e legittimamente perseguite, volte a contrastare anche gli effetti di una improvvisa spinta inflazionistica incidente soprattutto sulle classi sociali meno abbienti».
Allo stesso tempo la misura non è ritenuta irragionevole in quanto salvaguarda integralmente le pensioni di più modesta entità e, per un periodo limitato, riduce progressivamente la percentuale di indicizzazione di tutte le altre al crescere degli importi dei trattamenti «in ragione della maggiore resistenza delle pensioni più elevate rispetto agli effetti dell'inflazione». In merito alle perdite subite dalle pensioni non integralmente rivalutate, la Consulta aggiunge che il legislatore potrà comunque tenerne conto in caso di eventuali future manovre sull'indicizzazione dei medesimi trattamenti.
A rendere necessario l'intervento da parte della Corte Costituzionale erano state la Corte dei Conti della Toscana e quella della Campania in quanto la norma presentava profili di illeggittimità costituzionale. In particolare, la prima aveva accolto il ricorso presentato nell'ottobre del 2023 da un dirigente scolastico senese chiedendo di recuperare il taglio e di avere per intero l'indicizzazione sugli assegni pensionistici.
Come detto, il meccanismo di raffreddamento introdotto dal governo con la Manovra 2023 va a incidere solo sulle pensioni superiori a quattro volte il trattamento minimo Inps. Nel dettaglio l'indicizzazione è nella misura del 90% per le fasce di importo comprese tra quattro e cinque volte il trattamento minimo; la rivalutazione scende invece al 75% invece per le fasce di importo superiori a cinque volte il trattamento minimo. La ratio della misura partorita due anni fa è sostanzialmente bilanciare la necessità di garantire la sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale con la volontà di preservare il potere d'acquisto per i pensionati con assegni medio-bassi.
Alla fine dello scorso mese l'Inps ha pubblicato le tabelle ufficiali sulla rivalutazione degli assegni per l'anno in corso. L'Istituto previdenziale ha chiarito che il trattamento minimo per quest'anno è fissato a 603,4 euro considerando un recupero dell'inflazione pari allo 0,8%. Il recupero sarà pieno, ossia del 100% dell'aumento dei prezzi, per le pensioni pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo, ossia fino a 2.394,44 euro lordi al mese.
Tra quattro e cinque volte l'assegno minimo si recupererà invece il 90% dell'inflazione, ossia lo 0,72%, mentre per chi ha assegni di 2.993,06 euro lordi al mese, ossia oltre cinque volte il trattamento minimo, recupererà lo 0,6% (pari al 75% dell'inflazione).
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