Ultim'ora
Delmastro condannato a 8 mesi per il caso Cospito
Ultim'ora
Delmastro condannato a 8 mesi per il caso Cospito

Il malato terminale ha diritto alla scelta

Ci sia consentito di dipartire, se lo desideriamo. Nessuno, incapace di provare ciò che noi proviamo, ce lo impedisca, ci ostacoli, ci obblighi al martirio

Il malato terminale ha diritto alla scelta

Gentile Direttore Feltri,
la Toscana diventa la «Svizzera» d'Italia. Come era prevedibile il Consiglio regionale ha approvato la legge sul fine vita. Quel che, in modi diversi, era stato bloccato in altre regioni, trova il via libera della maggioranza di sinistra nella regione guidata dal piddino Eugenio Giani, il quale sostiene che si tratta di «un testo che vuole essere semplicemente di attuazione sul piano amministrativo di quello che ci dice la sentenza della Corte costituzionale. Quindi non c'entra il dibattito ideologico sull'eutanasia». Non c'entra? Non essendo riusciti a fare una legge in Parlamento, i radicali e la sinistra hanno trovato la scorciatoia (illegittima) dei Consigli regionali per introdurre il suicidio assistito nel nostro Paese. Come al solito, i consiglieri toscani di sinistra hanno richiamato le sentenze della Corte costituzionale, presentando quindi la loro legge quasi come un «atto dovuto», un modo per esaudire le richieste della Consulta e un atto amministrativo per dare «tempi certi» alle richieste che pervengono alle Asl. Ma, come hanno spiegato i giuristi Emanuele Biliotti e Filippo Vari, questa non è una materia su cui le Regioni possono intervenire, ma è prerogativa dello Stato: «La giurisprudenza costituzionale non riconosce ai pazienti alcuna pretesa immediatamente esigibile. Con ciò appare manifesta l'illegittimità costituzionale di proposte legislative come quella in discussione nell'Assemblea regionale toscana per violazione di un ambito di competenza legislativa esclusiva dello Stato. La stessa Corte nelle decisioni del 2019 e del 2024 ha invitato il Parlamento a intervenire ma non ha affatto riconosciuto una competenza regionale al riguardo». Da quando è iniziata la battaglia radicale, in ogni regione si è cercato in tutti i modi di forzare la mano affinché la proposta di legge radicale fosse approvata. Da oggi anche in Italia la morte su richiesta diventa una questione di protocollo. Come ha ben capito don Massimo Angelelli, direttore dell'Ufficio Cei per la Pastorale della salute, «se c'è un diritto alla morte, qualcuno ha un dovere di procurarmi la morte. Questo non è accettabile». Altro che puro atto amministrativo. La sinistra è contro l'autonomia regionale, tranne quella che riguarda la morte.

Antonio Cascone
Padova

Caro Antonio,
magari fossimo la Svizzera, la quale su questo fronte, quello di cui tratti nella tua lettera, è molto più avanti e civile di noi. Non è un mistero che io sono da sempre un convinto sostenitore di una legge sull'eutanasia, legge che ritengo necessaria allo scopo di disciplinare una materia dove regna il caos. Ritengo anche io che non sia compito delle Regioni procedere, ma che spetti alle Camere legiferare in materia, operazione da anni rimandata per questioni di mero moralismo, anzi bigottismo marcio. Ti garantisco, cosa che assolutamente non ti auguro, questo sia chiaro, che se fossi malato al punto da essere ridotto ad uno stato vegetativo e poco dignitoso in un letto, immobilizzato, senza la possibilità di parlare, di mangiare, di bere, a trascinare i tuoi giorni nella sofferenza, nel dolore, nella disperazione, allora la vorresti una norma sulla eutanasia, tale da consentirti di trovare la pace, di porre fine ad un dolore inutile, ad una agonia insostenibile e insopportabilmente lunga, che pare infinita. Per me la libertà personale include quella di decidere, da malato terminale e senza speranza alcuna di guarigione, di spegnermi dolcemente, senza restare attaccato a macchine, tubi, fili, terapie, che non alleviano il patimento ma lo ingigantiscono e lo prolungano in modo addirittura crudele. Ci sia consentito allora di dipartire, se lo desideriamo. Nessuno, incapace di provare ciò che noi proviamo, ce lo impedisca, ci ostacoli, ci obblighi al martirio pretendendo di sentenziare cosa sia giusto e cosa sia ingiusto in base al suo sentire religioso. Del resto, il nostro è uno Stato laico. Queste battaglie sono battaglie di civiltà, anzi di umanità, non presentano un colore politico, non dovrebbero essere né di destra né di sinistra. Come si può negare ad un'anima e ad un corpo in pena e senza scampo la via di fuga da un atroce strazio? Come si può essere così arroganti da dire ad un essere umano: «No, non ti è permesso di morire, devi seguitare a patire. Rassegnati»? Perdonami ma non lo comprendo.

E non capisco soprattutto questo: per quale motivo l'aborto, ossia la distruzione di una vita nel grembo materno su decisione di terzi, è lecito, mentre la morte indotta di un adulto malato il quale si autodetermina e sceglie per se stesso il trapasso al fine di interrompere il suo tormento è reputata un delitto, un abominio, qualcosa di inaccettabile, di assolutamente illegittimo?

Quando qualcuno mi avrà spiegato questo, rispondendo a tale quesito in modo convincente, forse sarò in grado di rivedere la mia posizione sul fine vita, ma fino a quel momento sono da sempre e resto dell'opinione che non si possa vietare

a un malato terminale di spegnersi. Egli ha tutto il diritto di scegliere. E noi, che non abbiamo il diritto di scegliere al posto suo, abbiamo il dovere di tacere e di non decretare sull'esistenza altrui, morte inclusa.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica