
Dopo decenni di fughe di notizie rimaste impunite, di avvisi di garanzia recapitati prima ai giornalisti che agli indagati, adesso forse qualcosa cambia. La Procura della Repubblica di Genova ha aperto una indagine per rivelazione di segreto d'ufficio e di pubblicazione arbitraria di atti di un processo penale in relazione allo scoop del Secolo XIX che il 10 marzo scorso rivelò l'esistenza di una seconda indagine a carico dell'ex governatore della Liguria Giovanni Toti (nella foto). Il nuovo fascicolo, si scopre ora, era chiuso nella cassaforte del procuratore Nicola Piacente, non era inserito nel sistema informatico alla mercé del primo hacker o di un cancelliere infedele, agli indagati non era mai stato notificato nulla. Eppure la notizia finì sul Secolo XIX, nelle stesse ore in cui si doveva decidere se Ilaria Cavo, assai vicina a Toti, potesse candidarsi alla vicepresidenza della Regione.
Sembrava l'ennesima violazione destinata a passare sotto silenzio. Ma il deputato Pino Bicchielli di Noi Moderati ha deciso che non si potesse fare finta di niente e ha presentato una interrogazione: anche perché la fuga di notizie su Toti è una vistosa violazione della riforma Cartabia, la legge che pone regole precise ai rapporti tra le Procure e la stampa, dettando le modalità con cui le notizie devono essere comunicate. Alla interrogazione di Bicchielli il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha risposto confermando che nel caso di Toti le regole sono state violate, che il ministero ha avviato una ispezione a Genova. E che la Procura ha aperto l'inchiesta.
«Sono soddisfatto - dice Bicchielli al Giornale - sperando che l'inchiesta non finisca su un binario noto, che gli ignoti che hanno violato la legge diventino noti e che la legge sia applicata fino in fondo». L'esistenza della inchiesta viene confermata dalla Procura di Genova. Il primo nome a finire nel registro degli indagati, appena sarà stato identificato con le generalità complete, sarà il giornalista autore dello scoop. Ma è chiaro che l'obiettivo vero è individuare la «talpa» che gli ha svelato il contenuto del fascicolo.
Nella sua risposta all'interrogazione di Bicchielli, il ministro ricorda come il governo Meloni abbia «messo in campo diversi interventi di stampo garantista», «finalizzati a evitare le negative ripercussioni, processuali e personali, del processo penale mediatico». Nordio spiega di avere ordinato ai suoi ispettori di accertare quanto accaduto a Genova, ed ecco il responso: il Procuratore generale ha confermato l'esistenza del fascicolo arrivato da La Spezia; che gli atti «sono conservati in un armadio blindato, senza previa digitalizzazione»; fino al giorno dell'articolo «non sono stati compiuti atti istruttori di nessun tipo da parte del pubblico ministero di Genova»; «allo stato il fascicolo è formato integralmente da atti trasmessi dalla Procura della Spezia e dalla Guardia di finanza di La Spezia». Nordio fa sapere che la Procura di Genova ha reagito alla fuga di notizie senza aspettare l'interrogazione parlamentare: il pm assegnatario del procedimento su Toti il 14 marzo «ha segnalato l'articolo al Procuratore della Repubblica», ovvero Piacente, che lo stesso giorno ha aperto l'inchiesta a carico di ignoti.
Ma quanti erano, a sapere del nuovo fascicolo a carico di Toti? Certamente i pm di La Spezia che lo avevano inviato a Genova e i loro investigatori, certamente il procuratore Piacente e il suo sostituto. E pochi altri. In questo numero ristretto di possibili sospetti si muove ora la nuova inchiesta. Anche il ministro Nordio non sembra accontentarsi di quanto emerso finora: e comunica a Bicchielli che valuterà «la necessità di disporre ulteriori accertamenti per fare luce sulla vicenda».
Ma i giornalisti, scrive il ministro, non devono preoccuparsi, perché il governo intende difendere i diritti degli indagati trovando «un giusto punto di equilibrio con l'esigenza di assicurare tutela anche alla libertà di stampa».
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