
Gentile Direttore Feltri, le celebrazioni del 25 aprile devono svolgersi in modo «sobrio», come indicato dal ministro Musumeci. Cosa significa?
Tanino Belvedere
Caro Tanino,
è incredibile come una semplice e innocua parola possa costituire per la sinistra una occasione e un pretesto per attaccare il governo, invocare l'allarme fascismo e parlare di libertà violate. Questo comportamento è indice della generale debolezza in cui versa non soltanto la sinistra nostrana, bensì quella globale, la quale si è concentrata su questioni di lana caprina, ha fatto proprie battaglie sterili, ha intrapreso la guerra ai vocaboli e, dopo avere abbandonato le cause di operai e lavoratori in generale, ha preso ad occuparsi di clandestini, astine alle vocali, desinenze, uteri in locazione e diritti civili dei gay, i quali godono già di ogni libertà in quanto persone, l'orientamento sessuale non è elemento che possa condurre ad operare discriminazioni, così come non dovrebbe comportare agevolazioni.
Il ministro per la Protezione Civile, considerando che sono giorni di lutto nazionale in seguito alla morte di Papa Francesco, si è limitato ad affermare un principio sacrosanto, il quale dovrebbe valere non solo in tali circostanze funeste ma sempre e per qualsiasi festività: si evitino gli eccessi, si prediliga la sobrietà. Cosa vuol dire «sobrietà»? Leggo sul vocabolario Devoto-Oli: «Carattere scevro da ogni forma di eccesso o di superfluo», «moderazione nel soddisfacimento degli appetiti e delle esigenze naturali». L'aggettivo «sobrio», invece, viene così definito: «Moderato, semplice, misurato». Cosa ne possiamo desumere? Che il 25 aprile dovrebbe essere festeggiato evitando ciò a cui ormai siamo abituati ogni volta in cui i cosiddetti «antifascisti» si recano in piazza. Per quanto si neghi questa realtà, troppo spesso e sempre più di frequente tali raduni sfociano nella violenza e nel caos.
E allora non è matto né fascista Musumeci quando fa questo invito alla sobrietà, semmai è disonesto chi finge di non ricordare cosa accadde soltanto dodici mesi addietro, in occasione della festa della Liberazione, quando, sia a Roma che a Milano, sono volati insulti vergognosi nei confronti della Brigata ebraica, sono state messe a segno aggressioni, sono stati compiuti reati di vario tipo e i denunciati per odio razziale e altri crimini sono stati decine. Ecco, sobrietà significa questo: evitare queste azioni turpi e delittuose, le violenze, forme di discriminazione nei confronti degli ebrei, che sono bersaglio di odio della sinistra che pure si proclama antifascista e che sfila, proprio il 25 aprile, per celebrare la liberazione da quel nazifascismo di cui, tuttavia, mediante atteggiamenti e gesti precisi, si dimostra essere alta rappresentante.
Essere «sobrio» implica non sputare addosso alla polizia, non incitare all'antisemitismo, non assaltare la Brigata ebraica, non lanciare sassi, bombe carta o altro contro gli agenti, non esporre cartelli e cartelloni recanti immagini truci come Giorgia Meloni o altri ministri appesi a testa in giù e roba simile, a cui sono tristemente avvezzi i sedicenti democratici.
E questa sobrietà, che è rispetto della legalità, dovrebbe ispirarci sempre ed essere mantenuta anche dopo il lutto, anche dopo il 25 aprile, ogni sabato in cui si manifesta per la pace inneggiando alla violenza e ogni volta in cui centri sociali e collettivi si danno appuntamento in strada per suonarle a coloro che rappresentano lo Stato, ovvero le nostre forze dell'ordine.
Capisco che il termine «sobrietà» possa risultare insultante, insopportabile e indigesto a chi è allergico alle regole, ma «sobrietà» non è sinonimo di repressione, semmai è
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