![Più soldi alla difesa? Sfida per svecchiare il nostro welfare](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2024/09/02/1725252008-5312937-large.jpg?_=1725252008)
Il cambio di amministrazione negli Stati Uniti sta comportando rilevanti conseguenze anche per l'Europa. La determinazione con cui Donald Trump sta legittimamente pretendendo che la difesa degli europei sia pagata da loro stessi costringerà, nel Vecchio Continente, a destinare più risorse per questo settore strategico. Non è facile prevedere in che modo le capitali europee rivedranno i loro bilanci, ma è opportuno iniziare a ragionare sul tema.
Dovendo avere più soldi a disposizione sarà necessario, innanzi tutto, evitare di usare la leva fiscale. La pluridecennale battaglia della Ue contro i cosiddetti «paradisi fiscali» attesta più di ogni altra cosa che i nostri sono inferni fiscali senza paragoni nel mondo; e questo spiega in larga misura il declino delle popolazioni europee. Alzare le imposte aggraverebbe una situazione già tragica, che rende quanto mai difficile «fare impresa».
Non resta allora che la strada dei tagli, anche perché i debiti pubblici sono già molto alti e non si può ulteriormente aumentare il peso che grava sui ceti produttivi. Si tratta allora di capire dove intervenire con la riduzione delle uscite e come.
In linea generale, la strada da seguire deve essere quella di aggredire la spesa per il welfare: dall'istruzione all'assistenza, dalla sanità alle pensioni. Non sarà facile, ma è indubbiamente necessario ricondurre le istituzioni pubbliche entro limiti ristretti, che confinino il più possibile lo Stato a funzioni di protezione, difesa e giustizia.
Immaginare una tale rivoluzione delle istituzioni oggi è certo utopico, ma al tempo stesso vi sono momenti storici in cui la realtà detta la propria legge. Per giunta, sono proprio gli oneri del welfare a penalizzare le economie europee e un ridimensionamento dell'intervento pubblico nella società può essere soltanto benefico.
In ambito previdenziale, d'altro canto, se non si ridimensiona la spesa non si può dare un futuro a quanti andranno in pensione: e ridurre le uscite può voler dire transitare progressivamente verso pensioni sociali e di natura assistenziale (di entità modesta), lasciando poi che ognuno gestisca in larga misura da sé il proprio futuro post-lavorativo nel caso si voglia disporre di un reddito più alto.
L'unica alternativa a cambiamenti tanto radicali consiste nell'accrescere i prelievi a danno di chi lavora, ritardare l'età della pensione e ridurre l'entità del vitalizio: è quanto si sta facendo, ma senza che si possa immaginare una prospettiva.
Purtroppo gli europei sembrano identificarsi in quello Stato sociale varato un secolo e mezzo fa da Otto von Bismarck e poi variamente modificato da numerose generazioni di politici socialdemocratici, fascisti, liberaldemocratici e conservatori.
L'Europa deve quindi fare i conti con la propria identità.
Se continueremo a pensarci il continente in cui lo Stato si prende cura di noi dalla culla alla bara (educandoci, curandoci e sostenendo i redditi), non saremo in grado di fermare in alcun modo il triste declino che stiamo vivendo.
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