A 16 anni scoprono un nuovo gene navigando con il computer di casa

da Milano

Chi, da bambino, non ha desiderato giocare al piccolo chimico? Prendere in mano microscopio, provette e strane sostanze, indossare un camice bianco e buttarsi alla scoperta del secolo? Qualcuno ci è riuscito. E non per gioco. Ha soli 16 anni, ma un grande futuro da ricercatrice davanti a sé. Almeno a giudicare dal suo esordio in laboratorio. Si chiama Alessandra Gangai, frequenta la quarta al liceo scientifico Volta di Milano e, nell’ambito di un progetto con l’università statale, ha scoperto un gene umano fino a quel momento sconosciuto alla comunità scientifica mondiale. L’ha scoperto da sola. O meglio, qualcuno l’ha aiutata: altri ragazzi come lei, scolari adolescenti.
Alessandra non aveva microscopio e camice bianco, certo. Solo un «banale» computer collegato a internet. Ma tanto è bastato per entusiasmare più accreditati ricercatori. La sua scoperta sarà pubblicata sulla rivista internazionale Embo Reports, legata a Nature. Ma la giovane ricercatrice ne ha già parlato in pubblico lo scorso luglio, nel corso di un convegno a Vienna che l’ha vista fra i relatori.
Tutto è cominciato quando Alessandra ha vinto un concorso che le ha permesso di partecipare a «Una settimana da ricercatore», nell’ambito di Cus-Mi-Bio, progetto istituito nel marzo 2005 grazie alla collaborazione fra università statale di Milano e Ufficio regionale scolastico. Con altri ragazzi delle scuole superiori della Lombardia ha visitato i laboratori del dipartimento di Scienze biomolecolari e biotecnologiche e imparare il mestiere dai ricercatori. Successivamente ha partecipato ad «Apprendisti ricercatori», con altri 39 giovani colleghi, e seguito alcune lezioni proprio all’università.
«Nel 2007 - spiega Giulio Pavesi, uno dei coordinatori del progetto - abbiamo seguito 40 ragazzi. Fra loro c’era Alessandra. Hanno seguito un corso intensivo di Biologia molecolare moderna, per capire cosa sia un gene e come si riconosce. Poi abbiamo insegnato loro a interpretare quelle informazioni e a usare i siti internet nei quali il genoma umano, sequenziato, è accessibile e comparabile con il Dna di altre specie».
I 40 piccoli chimici hanno lavorato in laboratorio e poi a casa, collegati a internet. Il loro compito era osservare una particolare porzione di Dna ed esplorare il genoma per capire se ci fosse la possibilità di trovare un nuovo gene. «Con questa analisi - continua Pavesi - abbiamo coperto circa l’uno per cento del genoma umano, che conta in totale circa 22mila geni». Così si è arrivati alla scoperta. Un nuovo gene, qualcosa mai trovato dai grandi scienziati. Quello di Alessandra. Altri due ragazzi hanno avrebbero fatto altrettanto, ma i «loro» geni sono ancora in attesa di verifiche sperimentali.

«Ma siamo soddisfatti del risultato - continua Pavesi - anche perché abbiamo dimostrato che con la tecnologia che abbiamo a disposizione possiamo raggiungere risultati impensabili fino a 10 anni fa. È bello vedere così tanti ragazzi interessati alla scienza. Ed è fondamentale che possano seguire la loro passione da casa, semplicemente accendendo il pc».

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