Il dirottamento, il carburante, l'ammaraggio: così in 125 sono morti sul volo

Il dirottamento aereo del volo Ethiopian Airlines 961 del 23 novembre del 1996 causò 125 morti e 46 feriti

Il dirottamento, il carburante, l'ammaraggio: così in 125 sono morti sul volo

Prima dell’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 dirottare un volo era piuttosto semplice. Escludendo alcune rare eccezioni, le compagnie aeree non hanno messo mano con decisione alla sicurezza, lasciando praterie ai malintenzionati. Emblematico quanto accaduto il 23 novembre del 1996 sul volo Ethiopian Airlines 961, dirottato da tre uomini di nazionalità etiope tra Addis Abeba e Nairobi mentre eseguiva una tratta del volo di linea Bombay-Addis Abeba-Nairobi-Brazzaville-Lagos-Abidjan.

Il dirottamento del volo Ethiopian Airlines 961

23 novembre 1996, un giorno come tanti. Il volo Ethiopian Airlines 961, un Boeing 767-260ER, collega Addis Abeba alla Costa d’Avorio, ad Abidjan per la precisione, con brevi soste nel mezzo a Nairobi, Brazzaville e Lagos. Il capitano è il quarantaduenne Leul Abate, un pilota dalla provata esperienza con oltre 11 mila ore di volo, mentre il primo ufficiale è Yonas Mekuria. L’aereo ha carburante sufficiente per completare la prima tappa del volo, al momento del decollo a bordo ci sono 175 persone: tanti turisti ma anche molti etiopi.

Appena il volo Ethiopian Airlines 961 entra nello spazio aereo, tre passeggeri – tre giovani etiopi tra i 20 e i 30 anni – entrano in azione per dirottare l’aereo. Due di loro corrono su e giù lungo il corridoio, seguiti dal terzo, in silenzio. Dopo essersi impossessati dell’ascia antincendio e dell’estintore, entrano nella cabina di pilotaggio e aggrediscono i due piloti, minacciando di fare esplodere l’aereo: secondo quanto affermato, sono armati di una bomba.

Il capitano Leul prova ad affrontare i tre uomini – identificati in Alemayehu Bekeli Belayneh, Mathias Solomon Belay e Sultan Ali Hussein – anche perché non è nuovo a questa situazione: nella sua carriera ha già dovuto fare i conti con due dirottamenti, tutti e due conclusi positivamente. Ma questa volta la richiesta è molto diversa da quelle classiche: da poco fuori dal carcere, i tre etiopi vogliono andare in Australia e lì ottenere asilo politico.

Un po’ allo sbaraglio, i tre dirottatori non sanno che il carburante è sufficiente per appena tre ore di volo, mentre per arrivare in Australia ne servono molte di più. Di fronte alle parole del capitano, credono di essere presi in giro e si rivolgono direttamente agli altri passeggeri, affermando di essere pronti a fare esplodere una bomba grazie all’aiuto di altri otto presunti complici. Una situazione estremamente delicata, con in gioco la vita di oltre 170 persone.

Il clima diventa rovente

Il capitano decide di chiedere aiuto e contatta il controllo aereo. La torre di Addis Abeba passa il controllo a Nairobi. Gli addetti dialogano con i dirottatori e spiegano in ogni modo che l’aereo ha ancora due ore di autonomia ed è quindi impossibile raggiungere l’Australia. Da qui la richiesta di fare atterrare l’Ethiopian Airlines 961 a Mombasa, in Kenya. Visibilmente su di giri, i tre dirottatori chiudono le comunicazioni e decidono di non voler negoziare con nessuno.

Conscio del pericolo in corso, il capitano prova una mossa disperata: disobbedisce agli ordini dei tre etiopi e anziché dirigersi a est, prosegue verso sud. Il motivo è semplice: le principali città africane si affacciano sul mare e sarebbe quantomeno possibile un ammaraggio. Il tentativo però va a vuoto: dopo pochi minuti i dirottatori se ne accorgono e lo costringono a fare rotta verso est, dove li attende l’oceano. Ma Leul Abate non si dà per vinto e, grazie a un atlante tascabile, individua la possibile via di fuga, ossia le Isole Comore.

La situazione precipita

Nel terrore generale, all’improvviso in cabina di pilotaggio scatta un allarme: è il segnale che sono rimasti appena 30 minuti di autonomia. Ma ogni tentativo di convincere i dirottatori a un atterraggio sicuro è vano. Non cambia nulla nemmeno quando il motore destro del volo Ethiopian Airlines 961 resta completamente a secco. Il capitano segue la procedura standard, avvia l’unità di energia ausiliaria – generatore che produce energia elettrica supplementare – e prova in ogni modo a trovare una soluzione alternativa.

Quando rimane solo in cabina, prova il tutto per tutto: informa i passeggeri del grado di pericolo in corso e gli chiede di reagire contro i dirottatori. Tra problemi di lingua e panico, molti passeggeri rimangono confusi. Tra coloro che provano a invertire la rotta c’è il giornalista Mohamed Amin, noto fotoreporter di guerra e abituato ai teatri più pericolosi al mondo. Il cronista prova a incitare gli altri a sopraffare i tre etiopi, con scarsi risultati: il pilota resta l’unico a opporsi.

La situazione precipita quando anche l’altro motore si ferma a causa dell’esaurimento del carburante. Il capitano riesce a mantenere parzialmente il controllo dell’aereo grazie al sistema di riserva ma sa che non basta a evitare il peggio: l’unica ipotesi in campo è quella di un ammaraggio di emergenza, una manovra rischiosissima, soprattutto se ad alta velocità.

L'ammaraggio

I turisti sulla spiaggia restano senza parole e c’è chi riesce a riprendere la scena con una videocamera. L’acqua entra dappertutto e a causa della concitazione molti passeggeri non riescono a capire bene le indicazioni del team di volo: molti, infatti, gonfiano i giubbotti di salvataggio prima dell’ammaraggio, rimanendo bloccati contro le pareti della cabina dall’acqua entrata. Turisti e abitanti accorrono verso i rottami, anche un team di subacquei e di dottori francesi presenti in zona partecipano ai soccorsi.

Il bilancio è tragico: 125 morti e 50 sopravvissuti. Oltre ai tre etiopi responsabili della tragedia, tra le vittime anche Amin, che fino all’ultimo ha tentato di convincere i dirottatori a cambiare idea. Il comandante Leul e il primo ufficiale Yonas, invece, riescono a salvarsi e verranno premiati per le loro azioni. Nonostante l’accaduto, continueranno a lavorare come piloti per le linee etiopi. Tra i sopravvissuti anche i quattro passeggeri italiani presenti a bordo.

Le indagini chiariranno che i dirottatori erano solo tre e non undici come ipotizzato e non appartenevano a gruppi terroristici o movimenti politici. Nessuna grossa novità, invece, sulla sicurezza in volo. Almeno fino all’11 settembre 2001.

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