Minacce a Meloni: condannato a 5 anni

Il 45enne accusato di sostegno all'Isis

Minacce a Meloni: condannato a 5 anni
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«Sappiamo benissimo come zittirli e fermarli al momento giusto... viviamo con loro da banditi... pronti a colpirli a ciabattate...»: così scriveva sui social, commentando un video nel quale comparivano la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi, Alaa Refaei, 45 anni, egiziano con cittadinanza italiana. Ieri Rafaei è stato condannato con il rito abbreviato a cinque anni di reclusione per partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo.

Il 45enne era stato arrestato, insieme a un altro egiziano, il 17 ottobre 2023 per aver portato avanti, secondo l'accusa, «una consapevole e deliberata attività di proselitismo via social a favore dell'Isis», oltre che per aver inviato finanziamenti per donne vedove di combattenti jihadisti. I due scrivevano inoltre, aveva spiegato la Procura, con «toni violenti e aggressivi» di «minacce e insulti» anche nei confronti degli ebrei.

La condanna è stata decisa dal gup Tiziana Landoni, accogliendo l'ipotesi accusatoria e la richiesta di pena del pm Alessandro Gobbis. Per Mohamed Nosair, 50 anni egiziano con permesso di soggiorno, anche lui arrestato più di un anno fa, il processo si sta tenendo con rito immediato davanti alla Corte d'assise di Monza, perché l'imputato era residente a Sesto San Giovanni. La requisitoria del pm è fissata per domani. Nei mesi scorsi il gip Fabrizio Filice aveva accolto la richiesta di immediato nell'inchiesta della Digos e della polizia Postale, coordinata tra l'altro dal procuratore Marcello Viola. A novembre del 2023 il tribunale del Riesame aveva confermato la misura cautelare del carcere per i due. Per il gip, come si leggeva nell'ordinanza, i due avrebbero mostrato «aperto sostegno all'Isis, veicolato dalla detenzione e dalla condivisione del materiale propagandistico».

Entrambi gli arrestati, invece, si sono difesi sostenendo di avere avuto solo «simpatie» per l'Isis, quando combatteva contro Assad in Siria e in Iraq, e che mai sarebbero passati all'azione. Le difese hanno fatto notare che i loro erano soltanto «proclami sterili».

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