Dopo 7 mesi, una traccia Sui vestiti di Yara il Dna del suo assassino

Un Dna sicuro, circoscritto, attendibile. La prima, consistente, traccia concreta dopo sette mesi di nulla. Che, forse, porterà nel giro di poco, ci si augura di pochissimo, ad un nome e ad un cognome. E, finalmente, al volto del tanto famigerato, quanto sfuggente orco: l’assassino di Yara Gambirasio, la ragazzina inghiottita nel buio di una sera, la sera del 26 novembre a Brembate di Sopra, e ritrovata cadavere, tre mesi dopo, in un campo lontano meno di dieci chilometri da casa sua.
In quello che è stato fino ad oggi lo sconfortante caso delle chiacchiere e delle chiacchiere a vuoto, che rende quindi il condizionale d’obbligo, c’è dunque una novità, che vediamo di focalizzare un po’ meglio. Sul corpo di Yara sono stati trovati, confermano gli investigatori, quattro diversi profili genetici ma soltanto uno, rilevato su un indumento intimo, viene considerato «altamente indiziario». Si tratta di una traccia di Dna maschile ed è considerata significativa in quanto, sottolineano con un certo ottimismo gli stessi inquirenti, «non è, e non è stata suscettibile di contaminazione casuale, a differenza degli altri tre».
Occorre subito spazzare via le illazioni, che si sono subito accavallate, appena questa novità è trapelata: il profilo di Dna, che corrisponderebbe a quello dell’omicida di Yara Gambirasio, non è stato composto raccogliendo tracce di liquido seminale presenti sul corpo della vittima. Quindi, è ancora una volta il caso di precisare, che la tredicenne, incappata malauguratamente nel suo assassino, all’uscita dalla palestra di Brembate la sera del 26 novembre, non è stata violentata. La traccia di Dna, che si trova infatti sull’indumento intimo della ragazzina gli slip, deriva, molto probabilmente, fanno notare gli investigatori dal fatto che con quell’indumento il presunto assassino è venuto in contatto quando ha colpito ripetutamente la vittima lasciandole diversi segni di arma da taglio sulla schiena.
Per completezza d’informazione occorre aggiungere che, oltre a quello dell’assassino, sul corpo e sugli indumenti di Yara, polizia e carabinieri hanno trovato altri tre profili di Dna: due, uno maschile e uno femminile, sul guanto della tredicenne e un altro sul giubbotto della vittima. In questo caso si tratta di una traccia di Dna misto, appartenente a Yara e a una delle istruttrici di ginnastica ritmica, completamente estranea all’omicidio. La pista che si farebbe sempre più largo è dunque quella di un’aggressione finita in tragedia. Qualcuno, che Yara conosceva, potrebbe averle offerto un passaggio fino a casa, all’uscita dalla palestra, e poi averla portata invece nel campo di Chignolo d’Isola, dove la ragazzina è stata trovata morta tre mesi fa.
Scartata sul nascere l’ipotesi del branco, definita dal pubblico ministero Letizia Ruggeri «una cavolata demenziale», si è anche avuta la conferma che i riscontri tra gli oltre 2.500 profili biologici raccolti dagli inquirenti in queste settimane, e quello del probabile assassino hanno dato finora esito negativo. E questa è un’altra notizia, non particolarmente confortante, date le circostanze. Va riconosciuto agli investigatori che, nonostante le difficoltà, è stato fatto un lavoro ad ampio raggio per arrivare ad un indizio decente. Sono stati infatti sottoposti al test del profilo genetico tutti i parenti, gli amici e i conoscenti della tredicenne, ma anche i lavoratori del cantiere di Mapello, davanti al quale i famosi cani dall’olfatto raffinatissimo si fermavamo regolarmente, i vicini di casa e le persone i cui cellulari agganciavano le celle telefoniche di Brembate Sopra al momento della scomparsa di Yara.
È un dato di fatto che in un’indagine così complessa e appesa al filo di nessun indizio, gli inquirenti si siano spinti anche fuori dalla provincia di Bergamo, ma anche in questo caso senza giungere a risultati di rilievo.

E mentre nell’immagine del nulla arriva finalmente un indizio si avvicina il 27 giugno, giorno in cui scade il mese di proroga concesso dal pm alla dottoressa Cristina Cattaneo per la consegna della relazione definitiva sull’autopsia della ragazzina che sognava solo di diventare una grande ginnasta.

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