Achille Lauro, ’o Comandante sempre a galla

Una biografia del populista più popolare Battuto soltanto dalla Balena bianca...

Achille Lauro, ’o Comandante sempre a galla

Carlo Maria Lomartire ha voluto narrare, «tra leggenda popolare e verità storica», la vita «dell’ultimo re di Napoli». ’O Comandante - questo il titolo del libro edito da Mondadori (pagg. 206, euro 18,50) - ossia Achille Lauro. Comandante perché con le navi e sul mare aveva avuto i suoi successi di spregiudicato e fortunato uomo d’affari, comandante perché, fattosi politico, aveva conquistato il cuore e i voti della sua emotiva città. Magari aveva usato anche qualche sotterfugio discutibile - feste e farina, senza forca - per conquistarsela. Ma i numeri per far colpo su una metropoli che chiedeva solo d’essere adeguatamente rappresentata e interpretata li aveva tutti. Geniale e pasticcione, guappo e bonario, irruento e astuto.

Figlio di un piccolo armatore che i figli li mandava a far gavetta navigando - e in mare ne perse due - il ventenne Achille ereditò, quando morì il padre, solo debiti. La piccola flotta non aveva retto alla concorrenza, ed era quasi naufragata nelle cambiali. Ma il ragazzo - siamo ai primi anni del secolo scorso - aveva talento e audacia. Riuscì a vendicare il padre creando una flotta che andò via via assumendo dimensioni sempre più importanti. Con il fascismo non ebbe problemi, anzi. Iscritto già nel 1933, venne cooptato nel 1939 nella Camera dei fasci e delle corporazioni: e accettò d’accollarsi le perdite di quotidiani del sud, per blandire il regime. Nella guerra voluta da Mussolini la quasi totalità delle navi di Lauro s’inabissò.
Nel 1945 - a cinquantotto anni - egli si ritrovò senza la sua flotta, e per di più additato alle autorità alleate come big fascist, un gerarca importante. Il che non era vero: ma i delatori - categoria che in Italia conta innumerevoli adepti - fingevano che lo fosse. Così Lauro fu messo agli arresti domiciliari, e poi incarcerato sul serio per averne trasgredito le regole con una fuga amorosa. In effetti ’o Comandante aveva un’intensa attività galante, della quale era al corrente anche la paziente moglie Angelina. La favorita del momento si chiamava Jolanda Ferrante, e proprio per vedere lei l’armatore e amatore s’era allontanato da casa. «La voce popolare - scrive in proposito Lomartire - attribuisce a don Achille un sovrumano, mitico e insaziabile vigore sessuale: dai Quartieri Spagnoli a Forcella, da Posillipo al Pallonetto Santa Lucia si favoleggia della incontrollabile necessità di don Achille di avere almeno tre amplessi giornalieri Questa reputazione conferisce alla già molto popolare figura di Lauro un tratto caratteristico particolarmente caro ai napoletani». Forse non solo ai napoletani.

Dopo il disastro degli affondamenti bellici, Lauro - presto prosciolto dalle accuse di collaborazionismo - si rimboccò le maniche. Riuscì - riusciva sempre - ad accaparrarsi qualcuna di quelle navi Liberty che gli Stati Uniti avevano varato a migliaia durante la guerra e che poi stavano svendendo. Così Lauro riprese la sua ascesa finanziaria. Che divenne anche ascesa politica. Come proprietario del quotidiano napoletano Roma, schierato decisamente a destra, Lauro era divenuto il catalizzatore di quella Napoli che - come l’Uomo Qualunque - aveva in uggia il vento del Nord e l’enfasi dei proclami resistenziali. E che inoltre si ostinava a ritenere che il referendum in cui repubblica e monarchia s’erano fronteggiate fosse stato adulterato dai brogli del ministro dell’interno Romita. Le elezioni amministrative del 1952, che riguardavano con altre città anche Roma e Napoli, furono un banco di prova decisivo per don Achille: che s’era alleato al monarchico Covelli. Papa Pacelli avrebbe voluto che nelle amministrative romane la Dc avesse il sostegno del Msi: De Gasperi si oppose e il progetto fallì. Non fallì invece la sfida del re di Napoli. Che - anche grazie al premio di maggioranza - ebbe 53 consiglieri comunali contro i 15 della Dc e i 12 della sinistra. Lauro appariva invincibile. Aveva dalla sua anche il Napoli calcio, e per l’acquisto di giocatori aveva profuso somme ingenti (uno fu pagato oltre cento milioni di lire, un primato per i tempi).

Lomartire segue il percorso di don Achille sia nella stagione dei trionfi, sia in quella del declino. Il 1956 fu un anno memorabile per Lauro. Rivinse alla grande le elezioni a sindaco e conobbe - lui sessantanovenne - la diciottenne Eliana Merolla che aveva partecipato a un concorso indetto dal Roma per eleggere «La stella di Napoli». Quella per Eliana fu una passione travolgente. La fece protagonista - con il nome d’arte di Kim Capri - d’alcuni film che egli stesso produsse, e che erano votati a sicuro fiasco. Dopo la morte della moglie Angelina, Lauro - ormai ottantaquattrenne - sposerà Eliana. Che non era un’arraffatrice. «La prima iniziativa, quasi immediata, della nuova signora Lauro - racconta Lomartire - consiste nell’andare dal notaio Giovanna Monticelli per fare la separazione dei beni con quello che probabilmente è l’uomo più ricco d’Italia. Lo fa all’insaputa di Achille».

Il populismo caciarone di Lauro dovette confrontarsi con le manovre avvolgenti della Dc e ne uscì perdente. Anche perché la gestione municipale di Napoli era un disastro, e da tante parti veniva invocato un indispensabile commissariamento. Lauro dovette lasciare. Continuava a prosperare la flotta, ma poi anche per gli affari di famiglia cominciarono le difficoltà. Ci mise del suo il figlio primogenito Gioacchino, poi stroncato da una malattia. A un certo punto male le navi, male il Roma. Il patriarca era attorniato da lutti e problemi, ma continuava a battersi.

’O Comandante spira, per un attacco di cuore, la mattina del 15 novembre 1982, novantacinquenne, mentre veniva organizzata, per pagare i debiti, la vendita di tutti i suoi beni. Tre anni dopo la nave che ancora portava il suo nome sarà sequestrata nel Mediterraneo da terroristi palestinesi. L’ultimo, postumo colpo di scena di don Achille, napoletano verace.

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