Nel 1784 il Mercure de France descrisse ai suoi lettori una singolare Sinfonia dove si va via, eseguita nella Sala dei Cento Svizzeri alle Tuileries sotto l'egida dall'istituzione francese più autorevole del tempo, i Concerts Spirituel di Parigi.
Franz Joseph Haydn (1732-1809) l'aveva scritta ed eseguita dodici anni prima nella residenza estiva del suo datore di lavoro, il principe Nicola II Esterházy, detto il Magnifico, proprietario dell'erigendo Palazzo-castello-reggia di Eisenstadt nel Burgenland.
«Un movimento bruciante è seguito da un Andante triste e lugubre, nel mezzo del quale i corni, dopo un a solo, soffiano sulle loro bugie, prendono gli strumenti sotto braccio e se ne vanno. I flauti fanno lo stesso; poi fagotto, contrabbassi, violoncelli, viole, filano via uno dopo l'altro con gli strumenti in spalla. La sinfonia prosegue, affievolita senza che ce ne si accorga, fino al momento in cui rimangono soltanto due violini, uno per leggio, che eseguono la stessa cerimonia, e il pezzo finisce».
Nella realtà l'ordine di sparizione degli strumenti, principiato dall'improvvisa interruzione di un finale veemente in un adagio-coda, prevedeva uscite calibrate: primo oboe e secondo corno, fagotto, seguito dall'altro oboe e dal primo corno. Gli archi se ne andavano alla chetichella: contrabbasso, violoncelli, alcuni violini, viole (per il direttore d'orchestra questo è il momento di andar via). Alla fine rimanevano solo in due. Suonavano per 14 battute prima di svanire in pianissimo.
Sulle ragioni di questa bizzarria sinfonica di Haydn, chiamata subito con molti appellativi - la Partenza o Sinfonia della Vacanza a Praga; L'Addio a Milano; La Cappella disgraziata a Berlino, prima di assumere il titolo definitivo di Sinfonia degli Addii - i primi biografi accamparono motivazioni diverse, tutte apprese, manco a dirlo, dalla bocca del compositore.
L'attendibile diplomatico viennese Georg August Griesinger, seguito da un biografo più fantasioso, il pittore Albert Christoph Dies, spiegarono che i musicisti della cappella privata del principe erano «giovanotti pieni d'ardore che, durante l'estate, quando il principe soggiornava nel castello non ancora completato di Esterházy, dovevano lasciare le loro mogli ad Eisenstadt. Contro le sue abitudini, il principe decise di prolungare il soggiorno di parecchie settimane; i teneri sposini, atterriti dalla novella, si rivolsero ad Haydn per consiglio». Così il compositore avrebbe ideato la pantomima delle uscite, e il principe, mangiata la foglia, avrebbe ordinato il libera-tutti per il giorno seguente.
Un'altra versione risalente allo scrittore francese Étienne-Nicolas Framery narra che Nicola il Magnifico soffrisse di depressione e non avesse molto apprezzato alcune delle sinfonie scritte da Haydn in quel periodo di audacie tempestose intorno al 1772. Il primo tempo della Sinfonia degli Addii ha un piglio esplosivo, una libertà formale senza precedenti per l'epoca, che avrà fatto sobbalzare sulla sedia il mecenate. Nicola, dopo essersi liberato di Haydn e dei musicisti passò una notte insonne, in compagnia di un vegliardo sordo e malato che suonava il fagotto. Pentitosi, volle ascoltare la Sinfonia degli Addii. Poi, con le lacrime agli occhi, avrebbe gridato agli esecutori: «Amici, vecchi amici! Così mi abbandonate? Perché?. La risposta del Maestro e di tutta la cappella musicale fu di gettarsi ai piedi del principe, ricevendone l'abbraccio».
Il biografo italiano di Haydn, Giuseppe Carpani, fornisce un'altra e non meno gustosa giustificazione all'inedita partenza dei musicisti nel finale. Si sarebbe trattato di uno scherzo di Haydn nei confronti dei suoi strumentisti, alcuni dei quali «a volte suonavano senza energia, che era la morte di una musica così piena di fuoco, altri se ne andavano con qualche pretesto nel bel mezzo dell'opera, altri ancora sbagliavano per disattenzione nel contare le battute di aspetto». Carpani invitava a scegliere la versione che più ci aggradava, come fa Giovanni Antonini, il direttore d'orchestra italiano che sta affrontando l'incisione di tutte le sinfonie di Haydn entro il 2032, anno del terzo centenario della nascita, con risultati pari alla straordinaria impresa.
Quanto Antonini scrive nella prefazione al nono volume del Progetto Haydn 2032, intitolato L'Addio (Alpha 684), mantiene nelle sue elettrizzanti letture, perché «l'importante è che la musica continui a stimolare in mille modi diversi e sempre nuovi l'immaginazione degli interpreti e degli ascoltatori di ieri e di oggi, così come Haydn, ancora una volta secondo Carpani, non pretendeva di far dire alla musica ciò che non è capace di dire, ma si serviva soltanto di queste idee non musicali per suscitare nuovi balzi della sua immaginazione, per dirigerne i movimenti e darle fuoco e colori».
Musica che esplora il tema della partenza e il suo contrario, il ritorno. Così la franca Sinfonia n. 35 saluta il rientro del principe Nicola dal soggiorno del 1767 a Parigi per studiare il modello della reggia di Versailles. Così la gran scena per soprano su testo di Metastasio, Berenice, che fai?, trattata dal maturo Haydn con grandiosa aderenza al celeberrimo, celebra l'addio come distacco.
In ogni capitolo di questo straordinario viaggio nelle sinfonie di un genio, esse vengono presentate prima in concerto (in questo caso presso la Martinskirche di Basilea, il Musikverein di Vienna e nell'ambito dei concerti dell'Accademia di Santa Cecilia di Roma) e poi vengono incise (cd, supporti liquidi, tirature limitate in vinile). Sono accompagnate da note musicologiche ricche e informate e soprattutto da fotografie suggestive, affidate ad artisti dell'Agenzia Magnum. Patrick Zachmann ha interpretato il tema dell'addio attraverso la sua esperienza di fotoreporter dei confini: un ragazzo di colore guarda il mare o la sua barca; due fidanzati si abbracciano sul torpedone; c'è chi sale su un tram e chi sgattaiola fra le pietre di una strada notturna.
I temi che assediavano la fantasia dell'austroungarico Haydn, desideri di
fuitine, ricongiungimenti coniugali, distacchi drammatici, partenze simulate, suicidi poetici, viaggi fastosi, peripezie, sono gli stessi che incontriamo nella nostra inquieta vita quotidiana, noi moderni cittadini d'Europa.
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