Aem, l’Europa boccia lo statuto del Comune

Secondo la Corte Palazzo Marino gode di controllo sproporzionato nel Cda rispetto alla partecipazione nell’azienda

Lo statuto dell’Aem, che consente al Comune di Milano di nominare direttamente - e in modo esclusivo - fino a un quarto dei componenti del Consiglio di amministrazione dell’azienda, e di partecipare con voto di lista all’elezione degli altri membri, contrasta con il principio della libera circolazione dei capitali. La Corte di giustizia Ue boccia il sistema della golden share - che, nel corso dei processi di privatizzazione, riserva allo Stato o agli enti pubblici alcuni poteri speciali - applicato alla nomina dei membri del Cda di Aem. Perché, spiegano i giudici del Lussemburgo, questo sistema consente allo Stato o all’ente pubblico - in questo caso il Comune di Milano - «di godere di un potere di controllo sproporzionato rispetto alla sua partecipazione nel capitale della società», e quindi viola l’articolo 56 del Trattato istitutivo della Comunità europea.
Nonostante detenga solo il 33,4 per cento delle azioni della società fornitrice di gas ed elettricità, Palazzo Marino ha di fatto mantenuto la governance dell’azienda. Questo pur avendo perso la maggioranza del capitale, per effetto della cessione delle azioni cominciata nel 1998 - il Comune aveva in mano il 51 per cento del pacchetto - e completata alcuni anni dopo.
La Corte europea si è pronunciata in seguito alla richiesta del Tar della Lombardia, che ha chiesto un parere relativamente a una causa intentata da Federconsumatori e altre organizzazioni per la difesa dei piccoli azionisti. «La sentenza ci da ragione in toto - commenta Vittorio Angiolini, avvocato che rappresenta alcune di queste associazioni -. Dice che non importa se sia una legge speciale o il codice civile con l’articolo 2.449 a dare potere di nomina a una società, in questo caso un ente pubblico, quello che importa è che attraverso le nomine l’ente pubblico non ottenga un numero superiore o sproporzionato rispetto alla sua quota di possesso del capitale».
Adesso la palla passa al Tar, che dovrà pronunciarsi sulla legittimità dello statuto dell’Aem. «I giudici avevano sospeso il giudizio in attesa del parere della Corte di giustizia - spiega Basilio Rizzo, consigliere comunale della Lista Fo -. Non è escluso che il Tar annulli le delibere con le quali era stato modificato lo statuto della società. Resta il fatto che l’attuale cda è stato nominato in modo illegittimo». Da parte sua, l’Aem precisa che la sentenza dei giudici non avrà alcuna conseguenza sul nuovo statuto della società A2A, che entrerà in vigore il prossimo primo gennaio, ovvero dalla data di efficacia della fusione fra Aem e Asm. «In seguito alla fusione - precisa una nota -, Comune di Milano e Comune di Brescia deterranno, complessivamente, circa il 55,4 per cento del capitale della nuova società, precisamente per il 27,7 per cento ciascuno».

Inoltre, il nuovo statuto prevede che l’articolo 2.449 del codice civile non sia applicabile qualora i due enti pubblici possiedano, in totale, una partecipazione pari o inferiore al 50 per cento del capitale sociale con diritto di voto.

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