Afghanistan, Berlusconi in soccorso alle truppe: «Non vi abbandoneremo»

Ma dal Cavaliere nessun sostegno a Prodi: «Mozione comune della Cdl, la sinistra voti il nostro documento». Spiazzata l’Udc

Sandro Astraldi

da Roma

Silvio Berlusconi lancia il contropiede: la sinistra non è in grado di assicurare un voto che garantisca la continuità degli impegni di pace sotto l’egida dell’Onu presi dall’Italia? Voti allora la mozione che la Casa delle libertà sta mettendo a punto e che presenterà certamente unita. Più una sfida, che una provocazione quella dell’ex premier. Che scarta decisamente l’ipotesi udiccina di concedere voti a Prodi per fargli superare lo scoglio Afghanistan, e invita invece i parlamentari dell’attuale maggioranza «a convergere» su un documento che non è nulla di più che una conferma del diritto-dovere dell’Italia di esser presente quando lo si richieda da parte delle Nazioni Unite.
Difficile che nel composito e variegato accampamento della sinistra la sua proposta trovi accoglienza. Ma certo Berlusconi pone un problema serio: a Prodi, D’Alema, Parisi e Rutelli che si ostinano a credere che i «ribelli» della sinistra radicale alla fine cederanno, ma non hanno certezze. E anche al centrodestra dove la fuga in avanti del duo Casini-Cesa non è piaciuta. Fini, presente ieri alla riunione del direttivo parlamentare di An, dicono abbia apprezzato il fotomontaggio di un quotidiano romano che faceva apparire Casini nelle vesti di crocerossina al fianco di parà coi volti di Prodi, D’Alema e Parisi. «Sì, è soccorso rosso...» avrebbe riso coi suoi. Ma anche Forza Italia storce il naso. «Niente aiuti gratis a Prodi» il gelido commento dell’ex-ministro della Difesa Antonio Martino. «Confesso di non capire dove vuole arrivare l’Udc» il commento di Chiara Moroni. Col presidente dei deputati di Alleanza nazionale La Russa che si sporgeva più di altri alleati, ancora attenti a preservare la possibilità che Casini e Cesa indossino presto le vesti del figliol prodigo: «Sono stanco di sentir parlare di “spallate” ogni volta che cerchiamo di esercitare il nostro ruolo di oppositori. L’esercizio dell’opposizione richiede di essere in posizione diversa da quella della maggioranza...» notava, rivolgendosi ai centristi.
Loro, gli udiccini, si difendono tornando a reclamare la necessità di «coerenza» con gli impegni assunti quando si era al governo. «Votiamo la missione, non Prodi» faceva presente Follini, col capogruppo alla Camera Volontè che arriva a giustificare la decisione autonoma e solitaria del suo partito di offrire voti al governo col fatto che «davamo per scontato che l’intero centrodestra facesse lo stesso». Cosa di cui Buttiglione è convinto tuttora: «Son certo che alla fine anche Berlusconi voterà il decreto» insinuava ieri sera. Qualche difficoltà, i centristi dell’ex-presidente della Camera, la stanno però vivendo ugualmente. Non solo con gli (ex?) alleati, ma anche a livello internazionale. Intercettato ieri a Montecitorio l’ambasciatore americano Richard Spogli che ha avuto un faccia a faccia proprio con Casini. Difficile non abbiano parlato di Afghanistan. E difficile - nonostante le bocche cucite - che Spogli non abbia cercato di informarsi delle reali intenzioni dell’Udc, al di là del rifinanziamento delle missioni militari.
Resta il fatto che nelle prossime ore sempre Casini sarà chiamato a fornire una risposta all’appello di Berlusconi per la ventilata mozione unitaria del centrodestra. E non sarà facile dirgli no. Perché la sfida che ha preso corpo col comunicato di ieri del Cavaliere, parla la stessa lingua usata il giorno precedente proprio dal duo Casini-Cesa. «Siamo persone serie e coerenti e non permetteremo certo che i nostri soldati in Afghanistan vengano abbandonati a se stessi, né che si determinino le condizioni per un altro vergognoso disimpegno come quello annunciato per l’Irak», dice il Cavaliere. Coerenza, dunque, quella rivendicata dall’Udc, e tutela della nostra missione. Sarà complesso per Casini e Cesa sottrarsi all’adunata che Berlusconi ha annunciato per la prossima settimana (vertice, dopo che sarà reso noto il testo del decreto del governo), appuntamento per il quale la Lega, con Castelli, reclama piena convergenza.

Anche se Giovanardi prova già a turare la falla ricordando che il sì del suo partito «è condizionato da quello che sarà scritto sul decreto». Come a dire che se Prodi andrà incontro alle sinistre radicali, sarà più agevole la retromarcia.

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