Gian Marco Chiocci
e Marcello Di Dio
In testa al campionato, testacoda in curva. Si alza, e di parecchio, il livello di guardia per il derby di domenica all’Olimpico di Roma. Non c’entra niente lo storico campanile, l’odio per il presidente (per ora) vincente, la rivalità coreografica coi dirimpettai romanisti della Sud. C’entra un’informativa riservatissima dei servizi segreti, girata per competenza alla Digos di Roma, nella quale si paventano disordini fra ultras laziali, un tempo uniti e compatti sopra lo striscione Irriducibili. Motivo? Il controllo della Curva Nord orfana dei tifosi e dei suoi vecchi capi messi temporanemante fuori gioco dall’inchiesta sui «casalesi» che tentavano la scalata alla SS Lazio con l’appoggio interessato dell’americano (latitante) Giorgio Chinaglia.
Se ieri il tavolo tecnico tenuto in questura ha detto no al volo dell’aquila biancoceleste (che sarà comunque condotta dal suo addestratore) per motivi di sicurezza, rispetto alla segnalazione degli 007 dell’Aisi si è proceduto con estrema cautela. Le indicazioni sono precise (soffiate e intercettazioni). E riguardano il più che probabile scontro fra due nuove «anime» della Curva, entrambe ritenute pericolose, disposte a tutto pur di non mollare l’osso del controllo del tifo organizzato e del business ad esso collegato. Secondo la nota dell’Aisi (l’agenzia di informazioni e sicurezza interna, l’ex Sisde) esisterebbe la possibilità di disordini legati all’evoluzione dei rapporti, e degli interessi economici, all’interno dello storico gruppo della tifoseria organizzata biancoceleste, denominato Irriducibili. Dallo scorso 10 luglio, la Curva Nord - il cuore pulsante del tifo laziale - si è sciolta definitivamente in segno di protesta ufficialmente contro l’introduzione della tessera del tifoso da parte del Ministero degli Interni. Ufficiosamente i motivi sarebbero anche altri. Si sarebbero così create due fazioni contrapposte e quella al momento considerata «vincente» avrebbe fatto accordi con elementi delinquenziali inseriti nella tifoseria napoletana, da sempre ritenuta «nemica» dai supporters romani in senso lato. «Cani sciolti», «attigui» a frange criminali locali, anche se non inseriti in maniera stabile nelle organizzazioni che si dividono il territorio, persone comunque esperte di guerriglia urbana. Gli 007 non escludono che siano gli stessi che hanno acceso la miccia nella guerriglia per l’immondizia di Terzigno e in occasione delle manifestazioni dei disoccupati organizzati nel capoluogo campano. Specialisti negli assalti mordi e fuggi alle forze dell’ordine, stile black bloc. «Mercenari» della violenza in grado di garantire assistenza a quella frangia emergente della tifoseria laziale che, al momento, rischierebbe di soccombere di fronte alla parte maggioritaria ancora legata ai vecchi Irriducibili: uno dei possibili escamotage utilizzati dai pendolari della guerriglia, per l’Aisi potrebbe rivelarsi quello di bypassare il cordone ultras fuori la curva e presentarsi all’interno dello stadio camuffati con sciarpe biancocelesti. Per l’assistenza, l’infiltrazione in curva e la «copertura» in caso di caccia all’uomo sulle gradinate, stando sempre ai sensori attivati dall’intelligence, l’asse partenopeo avrebbe chiesto più di qualcosa in cambio agli «emergenti» biancoblu: il controllo del merchandising sui prodotti Lazio (sciarpe, magliette, felpe, cappelli, spille, fanzine, ovviamente anche merce taroccata, da vendere dentro e fuori lo stadio) lo spaccio di droga e quant’altro. Come i biglietti (falsi) per le partite. Un patto strettamente economico, criminale, che annusa l’aria di un rinato interesse per la Lazio foriero di nuovio affari per tutti. Secondo questo scenario prospettato dai nostri servizi segreti l’ala vincente degli (ex) Irriducibili sarebbe anche disposta a cedere una parte di questo mercato pur di ricompattare i suoi, affermare la supremazia del neogruppo all’interno della dilaniata tifoseria organizzata, lanciare una sorta di aut aut alle frange non più amiche. Se prima la mentalità era quella classica ultras («o con noi, o contro di noi») adesso il futuro prossimo venturo punta a estremizzare le pretese («o con noi o niente»).
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