Agguato con il filo spinato Motociclista muore, è giallo

Cavo metallico teso in un sentiero sgozza un ingegnere con l’hobby dell’enduro Gli amici: «La sera prima non c’era»

da Modena

Ucciso dal filo spinato, sistemato di proposito, forse per evitare che troppa gente passasse di lì. Marco Badiali, 48 anni, ingegnere elettronico di Vignola, ha perso la vita sabato mattina, durante un’escursione in moto. Era sull’Appennino Modenese, a Gaiato, frazione di Pavullo nel Frignano, alla guida della sua Yamaha 450 Vr, primo della fila di sette appassionati di enduro.
«Si erano fermati appena un centinaio di metri prima per chiacchierare - racconta Ferdinando Barbieri, un amico della vittima, che faceva parte del secondo gruppo di crossisti, distante una ventina di minuti -. Marco conosceva il percorso meglio degli altri e e poi era il nostro leader, per questo si era messo davanti a tutti».
Alla ripartenza, la velocità era bassa, eppure Badiali non è riuscito a vedere quel filo spinato dislocato lungo il percorso. L’ha preso in pieno al collo, chi lo seguiva ha fatto in tempo a frenare, evitando l’ostacolo e il rischio di fare la stessa fine. Badiali è stato soccorso subito, è morto fra le braccia di uno degli amici, Dino Cavaliere, che ha provato a levargli il filo spinato conficcato in gola. Tutto inutile, anche l’intervento degli altri colleghi, poi dell’elisoccorso, perché l’ingegnere modenese se n’è andato in pochi minuti.
Una persona è stata iscritta nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio colposo. Sarebbe un agricoltore che abita in zona sulla cui identità c’è il massimo riserbo: forse il proprietario del terreno o un affittuario. Ma c’è anche l’ipotesi del coinvolgimento di una terza persona che avrebbe materialmente piazzato il filo. «Il giorno prima della tragedia - sottolinea Barbieri - un abitante del luogo aveva fatto quel percorso a cavallo, senza accorgersi di nulla, a conferma che il filo è stato sistemato nella notte fra venerdì e sabato». Messo lì per uccidere, secondo la ventina di iscritti al Motoclub Brancolupi, associazione costituita a Vignola lo scorso gennaio di cui Badiali era il segretario. Quel filo non era minimamente segnalato e non ha un solo accenno di ruggine, prova del fatto che era lì da poco. Da anni in molti passano per quella mulattiera, per evitare automobili e camion della trafficata strada sottostante. A piedi o in bicicletta, a cavallo o in moto. Soprattutto i crossisti ci vengono spesso: «Eravamo passati di lì anche un mese fa - dicono - non ci sono cartelli di proprietà privata».
Marco Badiali lavorava all’Imal, azienda di macchine per l’automazione industriale, assieme alla moglie Alessandra, 42 anni. Lascia una figlia di 9 anni, Francesca e un figlio di 6, Pietro. Era diretto a Montespecchio, una decina di chilometri oltre il punto in cui ha perso la vita. Due mesi fa aveva comprato la moto nuova, quella era l’occasione per festeggiare, aveva invitato a pranzo gli altri 14 amici.
Aveva anche l’hobby della poesia e sul sito internet www.brancolupi.com i colleghi hanno già pubblicato tanti suoi scritti. «L’idea del lupo era stata di Marco, che con molta saggezza trasmetteva al branco l’importanza di fare gruppo». Per tutti Badiali era Lupo Rik: «Gli piaceva identificarsi con questo animale che vive libero nei boschi».


E da qualche anno si vestiva da Babbo Natale, assieme ad altri amici, consegnando doni alle famiglie, proprietarie dei terreni, che consentivano il passaggio dei motociclisti. Forse, però, qualcuno si era stancato di tutto quel via vai.

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