«Allarmismo forse eccessivo Kim Jong-Il non vuole conflitti»

«L’esperimento di ieri potrebbe anche essere stato un fallimento»

Marcello Foa

Il mondo è in allarme, ma l’esperimento atomico dei nordcoreani potrebbe essere meno grave del previsto, addirittura un mezzo fallimento. È quel che pensa Roger Baker, analista strategico di Stratfor, uno dei più famosi centri studi americani, considerato l’ombra della Cia.
Signor Baker, perché il test di ieri non la preoccupa molto?
«La notizia è spettacolare, ma non aggiunge nulla a quel che già si sapeva sul potenziale bellico della Corea del Nord. Inoltre l’esplosione di ieri è stata piuttosto piccola: può darsi che ciò sia stato voluto, ma è possibile che l’esperimento non sia andato a buon fine. E questo imbarazzerebbe il regime di Pyongyang, ribaltandone l’immagine».
Ma quanto seria è la minaccia nordcoreana?
«La loro tecnologia risale a metà degli anni Novanta e non consente loro di armare i missili con testate nucleari. Dunque le loro possibilità di colpire sono limitate».
A che cosa mira Kim Jong-Il?
«Non ha ambizioni espansioniste e non vuole provocare un conflitto, ma solo assicurarsi che nessuno lo attacchi. L’esplosione di ieri rientra in questa logica. Il suo messaggio è: non attaccatemi perché il prezzo sarebbe troppo alto. E comunque il presidente nordcoreano non venderà la sua tecnologia a terzi, men che meno ai terroristi, perché sarebbe inutilmente provocatorio»
Proprio domenica Cina e Giappone hanno lanciato un monito congiunto a Pyongyang. La Corea del Nord non rischia di perdere il sostegno di Pechino?
«I rapporti sono già ai minimi storici. Kim Jong-Il non ha gradito il riavvicinamento tra la Cina e gli Usa, con il sì a nuove sanzioni bancarie. In luglio ha effettuato un test missilistico senza avvertire Pechino, poi il governo si è rifiutato di ricevere una delegazione cinese di alto livello. I nordcoreani sono convinti che in caso di crisi militare non riceveranno aiuto dai loro vicini».
Ma è davvero così? La Cina ha interesse a far cadere Kim Jong-il?
«No, per questo non interromperà gli aiuti economici e alimentari. Pechino teme il crollo della Corea del Nord; già oggi non riesce a contrastare l’arrivo di immigrati clandestini nordcoreano. Se Kim Jong il cadesse, centinaia di migliaia di persone si riverserebbero in Cina. È significativo che nelle ultime settimane abbia aumentato le truppe lungo il confine. E soprattutto ritiene che in caso di abbattimento del regime, gran parte degli armamenti, anche di distruzione di massa, finirebbe sul mercato nero, probabilmente in mano a gruppi eversivi e organizzazioni criminali cinesi».
E gli Usa come reagiranno? È possibile un blitz?
«Le possibilità di un’azione militare sono molto basse, soprattutto perché gli Usa non sono ancora pronti a gestire la risposta nordcoreana. E allora reagiranno con molta veemenza, ma per vie diplomatiche, tramite l’Onu».
Concretamente cosa prevede?
«Washington e Tokio proporranno nuove sanzioni, forse addirittura il blocco totale della Corea del Nord, ma è molto probabile che la Cina e la Corea del Sud si oppongano, perché non vogliono destabilizzare il regime».
E a breve termine che risultati si aspetta di ottenere Pyongyang?
«La revoca delle sanzioni finanziarie e il ripristino delle relazioni diplomatiche con gli Usa; che però Washington non può concedere perché creerebbe un precedente pericolosissimo».
La questione nordcoreana è sul tavolo da anni, per quanto tempo può trascinarsi ancora?
«Kim Jong-Il mira a prendere tempo. A gennaio il Consiglio di sicurezza dell’Onu sarà presieduto da Ban Ki-Moon, che è sudcoreano e che tenterà di riavviare il dialogo con la Corea del Nord.

Nel 2007 a Seul si eleggerà un nuovo presidente. Infine tra due anni si svolgeranno le presidenziali Usa. La Corea del Nord vuole tirare avanti altri due anni, nella speranza che la situazione cambi a suo vantaggio».
marcello.foa@ilgiornale.it

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