Alle nostre latitudini fa un po’ sorridere, con i giocatori in campo con divise immacolate, quelle mazze strane e le regole imperscrutabili, ma il cricket, a livello planetario, è l’unico sport a contendere il primo posto al calcio. Se in India è un affare miliardario, con centinaia di milioni di tifosi che si affollano per seguire la ricchissima IPL, il cuore pulsante rimane nelle campagne inglesi, dove nei parchi è normale vedere gente che lancia quella curiosa palla con l’inconfondibile movimento rotatorio. Forse per questa immagine signorile, affinata nei lunghi secoli dell’Impero, quando era il passatempo delle classi dominanti, è uscita con le ossa rotte dal rapporto pubblicato ieri da una commissione speciale che aveva il compito di investigare lo stato dello sport nel suo paese d’origine. Le 317 pagine del rapporto della Independent Commission for Equity in Cricket hanno avuto l’effetto di una bomba. Almeno in Inghilterra e Galles il cricket è ancora razzista e piagato da discriminazioni classiste, con le donne che vengono trattate come atlete di serie B. Le polemiche sono solo all’inizio, con l’Inghilterra profonda che storce la bocca verso quello che considera l’ennesimo attacco della cultura woke contro la tradizione e l’identità britannica.
Un rapporto molto politico
Nel mondo dello sport inglese la pubblicazione di rapporti del genere non è affatto una novità ed ha spesso conseguenze devastanti, come, ad esempio, successe nel calcio con il famoso Taylor report, pubblicato dopo il disastro di Hillsborough nel 1989 che costò la vita a 95 tifosi del Liverpool. Il rapporto dell’Iceb è arrivato dopo due anni di indagini e oltre 4000 segnalazioni ad un numero verde ed è un atto di accusa senza se e senza ma contro lo sport più tradizionale ed incomprensibile per gli stranieri. Dopo aver ricevuto più di 150 testimonianze scritte, la commissione, istituita nel marzo 2021 sull’onda lunga dei vari movimenti dedicati all’uguaglianza razziale e tra i sessi, ha anche interpellato campioni molto noti, dai capitani delle nazionali inglesi Ben Stokes e Heather Knights alla ‘gola profonda’ Azeem Rafiq, ex giocatore dello Yorkshire che aveva denunciato di essere stato vittima di discriminazioni razziste. La reazione del presidente della federazione inglese del cricket, Richard Thompson, non ha sorpreso nessuno: “piene scuse”, ammissione che “per troppo tempo le donne e le persone di colore sono state trascurate” e “massimo impegno per resettare il cricket”.
L’inchiesta, inevitabilmente, è stata ricevuta in maniera opposta a seconda della ‘fede’ politica: se la sinistra woke chiede a gran voce rivoluzioni e repulisti, i conservatori gridano all’ennesimo assalto al cuore e all’anima dell’Inghilterra profonda, rurale, molto lontana dalla gauche caviar che domina i media e la cosiddetta London bubble. Se qualche sconsiderato si era scagliato contro Rafiq, minacciato in maniera piuttosto pesante, le possibili soluzioni proposte dal rapporto sembrano simili a quelle portate avanti dalla sinistra in altri sport: più donne nelle stanze dei bottoni, più copertura mediatica delle gare femminili, aprire alcuni stadi storici come il famoso Lord’s alle gare delle donne e parificare d’ufficio gli stipendi di uomini e donne, nonostante il seguito del cricket femminile non sia che una frazione di quello maschile. Probabile quindi che anche questo rapporto finisca nel calderone dello scontro politico e venga strumentalizzato a destra e sinistra, con il futuro del cricket in dubbio.
Accuse precise, poche soluzioni
Esaminare puntualmente 317 pagine non è certo semplice, ma alcuni colleghi inglesi hanno provato a riassumere i risultati più incriminanti per il cricket inglese. A sentire il rapporto, il razzismo sarebbe “un problema serio” e non limitato a poche mele marce. Secondo l’inchiesta, il 50% degli intervistati si è sentito discriminato negli ultimi 5 anni, con il numero che sale vertiginosamente per giocatori di origine pakistana o africana, 87 e 75 per cento rispettivamente. La dirigenza dello sport, poi, è quasi completamente composta da inglesi: i dirigenti indiani sono solo il 2,8%, mentre i giocatori di origine indiana costituiscono più di un quarto dei praticanti dello sport in Inghilterra e Galles. Lo sport, poi, al contrario di quanto avviene nel calcio, starebbe diventando sempre più bianco, con un calo dei giocatori professionisti neri del 75% negli ultimi anni. La situazione nel cricket femminile, fenomeno quantomeno di nicchia, è ancora più pesante: delle 161 giocatrici impegnate nei campionati professionistici inglesi, solo 14 non sono bianche.
Il rapporto si scaglia poi contro la scelta dell’ECB, la federazione del cricket, di trascurare le comunità nere e dedicare la massima attenzione ai programmi che coinvolgono gli inglesi di origine indiana, una scelta che avrebbe limitato l’appeal dello sport nella comunità nera. La federazione, poi, si sarebbe impegnata per rendere lo sport più inclusivo solo a partire dal 2018, 19 anni dopo il primo rapporto sul razzismo nello sport, facendo notare come molte delle mosse della ECB siano arrivate solo dopo testimonianze scomode o articoli con accuse pesanti. Le raccomandazioni per risolvere questi problemi? Poche e molto controverse. La ECB dovrebbe pubblicare un rapporto sullo stato dell’uguaglianza nello sport ogni tre anni, organizzare entro sei mesi corsi obbligatori per “educare all’anti-razzismo” e dedicare fondi sufficienti ad un dirigente di alto livello dedicato all’implementazione di politiche volte ad aumentare la “diversità, inclusione ed uguaglianza”. Tanto per gradire, poi, la commissione ‘consiglia’ di istituire un’altra commissione sul declino del cricket tra le comunità nere, aumentare i fondi per un programma di outreach e parecchi soldi a fondo perduto per le squadre di cricket dirette da neri. In quanto alle donne, poi, si invita alla ‘massima uguaglianza’, nonostante il fatto che le praticanti siano infinitamente meno e che l’interesse per il cricket femminile sia quasi nullo. La soluzione? Quote rosa negli organi dirigenti ed uguaglianza imposta d’ufficio, senza considerare minimamente l’appeal in termini di pubblico e pubblicità.
Il peso della tradizione
Il rapporto arriva a pochi giorni dalla prima, pesante sconfitta rimediata dalla nazionale inglese nelle Ashes, il tradizionale e sentitissimo torneo che vede i Bianchi affrontare gli odiati australiani per contendersi la piccola coppa che, a sentire il giornale australiano Sporting Times, avrebbe contenuto le ceneri del cricket inglese dopo la storica sconfitta contro l’Australia nel lontano 1882 all’Oval, il primo trionfo degli Aussies contro la madrepatria. Il cricket inglese è ad un bivio tra futuro e tradizione, con l’India che ha indicato la via con la creazione della IPL, attirando i migliori giocatori al mondo e facendo incetta di sponsor. Lo sport, una volta popolarissimo, è ora visto come antiquato, troppo legato al mondo rurale e all’aristocrazia che continua, in un modo o nell’altro, a dominare la società britannica.
L’ECB ha provato più volte a riformare il formato dello sport, passando dai test match che durano giornate e giornate, ad un formato ridotto, con le gare che si concludono in poche ore, ma l’appeal nei confronti dei giovani è ancora piuttosto limitato. Probabilmente l’ultima cosa della quale ci sarebbe stato bisogno in questo momento critico è l’ennesimo attacco woke, l’ennesimo cahier de doléances fatto ad uso e consumo delle elite urbane di sinistra, che da sempre vedono il cricket come fumo negli occhi.
Come già visto nella WNBA o nel calcio statunitense, venire fuori con richieste irrealistiche, buttare tutto in politica e negare l’evidenza non farà che rendere ancora più complicata l’evoluzione dello sport più tradizionale verso il futuro. Tutti i rapporti del mondo non serviranno a niente se i giovani continueranno ad ignorare questo sport tanto strano quanto affascinante.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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