“Una carriera brillante con un bel traguardo… cosa si prova a sentire le parole “Mastroianni” e “Mille”?”
"Mastroianni è il cavallo con cui ho vinto la prima listed, un'emozione incredibile che ancora ricordo. Un cavallone che in dirittura ebbe una gran bella progressione e mi portò al traguardo con facilità, fu bellissimo. La parola mille è senz’altro speciale e si figuri, fu un amico a ricordarmi che ero vicino a quel traguardo, il traguardo delle mille vittorie in carriera. Vincere è importantissimo e non le nego che sia gratificante ma per quanto mi riguarda non sono schiavo della vittoria. Arrivare primo è fondamentale se si vuole rimanere in sella ma per vincere occorrono un mix di ingredienti, non bastano la bravura e la caparbietà. Le corse dei cavalli sono uno sport difficilissimo anche se noi addetti ai lavori lo facciamo sembrare semplice semplice. Premesso ciò, la millesima vittoria è arrivata in sella a Lacrima d’amore il 5 marzo del 2023 nel Premio Ceprano, quel giorno battemmo Estrosa alla quota shock di 40 contro 1. Per onor di cronaca, io e Lacrima d’amore abbiamo confermato il binomio anche qualche mese dopo nel Hp C “La Novella” a Varese, in quel caso però eravamo tra i favoriti".
La Sardegna nel sangue, Milano nel cuore ed in mezzo, da sempre, il purosangue inglese e il cavallo in genere. Cosa scatena dentro di lei questo mix e perché si sceglie di diventare fantino professionista?
"Sono nato dentro l'ippodromo di San Siro perché la mia famiglia abitava lì dal 1974. Posso dirle che sono cresciuto a pane e cavalli. Mio padre ha fatto l’artiere ed io come tornavo da scuola andavo alla scuderia, poi finita la scuola dell’obbligo ho scelto consapevolmente di seguirlo nella professione. Avrei potuto continuare a studiare ma non l’ho fatto. Diventare fantino non è come studiare al tavolino, è una professione che devi sentire dentro di te e la teoria non la impari dai libri. La pratica, invece, è una virtù che cresce giorno dopo giorno. Ormai sono quasi tren’anni che mi alzo alle 5 e mezza del mattino e conti alla mano avrò fatto almeno 70.000 monte".
Dato che me piace raccontare storie e non solo gesta agonistiche, mi piacerebbe conoscere la sua vita fuori dalla pista e il pensiero della sua famiglia, ovviamente dalle sue parole ma se vuole anche dai suoi familiari, perché legarsi ad una persona che fa la sua professione non è certo un compitino facile...
"Partiamo dagli hobby: gioco a calcetto una volta alla settimana con gli amici di sempre. È un modo per ritrovarsi e rimanere in forma, giocare a calcio mi piace… per quanto riguarda la famiglia sono un uomo molto fortunato poiché Marta, mia moglie, ama i cavalli più di me anche se la sua professione è in ambito medico. Però posso dirle che possiede la patente d'allenatore e pratica la disciplina del salto ostacoli. Insieme abbiamo avuto anche dei purosangue, correvamo sotto i suoi colori ed abbiamo vinto anche qualche corsa, la più bella è stata la finale del circuito classico di San Siro. Le nostre figlie, Sveva e Greta, stravedono per la professione e passione dei genitori. Quindi, che posso aggiungere…è tutto sotto controllo e siamo una famiglia felice. Poi c’è mio padre, che è il mio primo tifoso ma anche il mio primo critico…e sinceramente anche di questo sono compiaciuto, avere chi ti riporta con i piedi per terra è un toccasana. Rispetto alle bambine, quando saranno un po’ più grandi, se vorranno montare a cavallo ne saremo orgogliosi ma se vorranno fare altro non le ostacoleremo. Se saliranno in sella non sarò io il loro maestro perché sono troppo pretenzioso e la mia pazienza non è proprio adatta".
Sono diventato amico di Pierantonio Convertino e Raffaele Romano, dopo averli intervistati. Entrambi hanno scelto la carriera di allenatore dopo un glorioso passato da fantini professionisti. Potrebbe essere un percorso adatto anche per lei? Potrà essere la sua nuova professione quando deciderà di attaccare il frustino al chiodo?
"Finchè avrò la forza di montare in corsa ed ottenere prestazioni soddisfacenti andrò avanti, quando le forze mancheranno, proverò a fare l’allenatore. Ovviamente non sarà facile per mille motivi ma la caparbietà, la preparazione non mancano e disperdere tutta l’esperienza accumulata sarebbe un errore imperdonabile".
Analizzando le statistiche, lei mediamente vince tra le 45 e 50 corse l’anno, posizionandosi tra i primi della classe ancorché non sia sempre su cavalli “di prima fascia”. È un record ragguardevole…
"Il fantino se è capace va avanti, se non lo è deve accettare di fare altro. In merito ai cavalli, come le ho detto prima, ne ho montati migliaia, la mattina, il pomeriggio e la sera nelle notturne. Le mie soddifazioni me le sono tolte, ho vinto prove importanti ed è fondamentale farsi trovare pronti. Bahja del Sol è la prova, non ero io il suo fantino ma quando ci son salito, ho portato a casa il 'Premio Del Piazzale' prova di GR3. Non è che ho raccolto meno di quello che ho seminato, sono umile e non ho mai preteso niente. Rispetto le decisioni, faccio quello che mi dicono, cercando di farlo sempre al meglio. È inutile pretendere di più ed arrabbiarsi, tutti i cavalli sono buoni e tutte le corse sono diverse ancorchè sembrano uguali agli occhi dei più. Chi è dentro sa che non è così, il lavoro premia e gratifica ed io provo a farlo sempre al massimo come ogni buon professionista deve fare. Massimo rispetto per tutti, ma non sto a guardare gli altri".
Il futuro del galoppo?
"Dobbiamo ripartire dagli ippodromi, se funzionano, la gente arriva, i riflettori si accendono e tutto il sistema ne beneficia. Milano e Pisa ne sono la dimostrazione, gli ippodromi devono diventare un centro di aggregazione, il motore della macchina. E se questo vale al di là della pista, dove il pubblico applaude e si diverte, un occhio attento all’infrastruttura è doveroso e la corretta manutenzione ordinaria e straordinaria devono diventare il pane quotidiano. Adesso si dibatte su tutto, spesso la polemica viene prima della prestazione. Se si lavorasse per il bene comune e non solo per il proprio orticello sono convinto che si potrebbe ripartire un po’ ovunque. Sono consigliere dell’Unione nazionale dei fantini e nei nostri incontri il dibattito è serrato poi trovare la sintesi con le altre organizzazioni non è cosa semplice. Tornando all’ippodromo, credo che le iniziative collaterali a favore del pubblico possano essere la chiave giusta per far avvicinare nuove persone al mondo del cavallo. L'ippodromo vuoto è deprimente"
Qualche rimedio?
"Non spetta a me suggerirli, posso solo aggiungere che il sano lavoro di tutti è fondamentale per il futuro. Ben vengano le iniziative, ben vengano le interviste, ben vengano nuovi addetti ai lavori, cerchiamo però di coinvolgere figure di rilievo e preparate perché altrimenti, il gioco è a termine. Un ulteriore impulso potrebbe venire investendo sulla cultura ippica, mi spiego meglio: molto spesso le persone mi avvicinano e chiedono di suggerire il vincente della corsa perché 'noi sappiamo chi vince'. Ebbene, se davvero lo sapessi sarei miliardario e forse adesso avrei cambiato mestiere. Il nostro è un lavoro serio e pericolo ma spesso ci scambiamo per qualcosaltro. Se vogliamo che il futuro sia roseo ci vuole molto di più e una crescita culturale ad ampio spettro".
Con questo auspicio, che facciamo anche nostro, ringraziamo Sergio Urru, Mr 1000 vittorie, un protagonista del galoppo italiano che ci ha deliziato con questa intervista.
Non resta che aspettarlo al tondino ed incitarlo affinché possa continuare la striscia di vittorie e di emozioni.
Le foto sono tratte dal profilo social ufficiale di Sergio Urru con il consenso del titolare. La foto di copertina è di Giorgio Filimberti
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.