Re Marcell abdica a testa alta. "La mia storia non finisce qui"

Il campione uscente è quinto a soli quattro centesimi dal bronzo. Vittoria dell'americano Lyles per millesimi

Re Marcell abdica a testa alta. "La mia storia non finisce qui"
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- nostro inviato a Parigi -

Scusaci Marcell. Perché in fondo non ti abbiamo creduto fino all’ultimo. E adesso tu sei arrabbiato e felice per questo quinto posto, 9.85 racconta il cronometro, «non è un tempo da buttare» dici, eccome se non è da buttare. Scusaci Marcell, alla vigilia spiegavi «la corsa, i primi quindici metri, l’assetto, la fase di transizione, l’equilibrio, la velocità persa nel lanciato, la devo ritrovare, so come farlo» e noi sì va bene, parla, la mette sulla tecnica per confondere le acque, ma guardalo negli occhi quanto è preoccupato e poi l’ha punto pure un’ape, dove va se gli fanno dispetti anche gli insetti, e come lo trova quel metro circa che gli serve per entrare in finale?

L’ha trovato. Nove e novantadue, terzo crono di semifinale dietro al 9.87 del sudafricano Simbine e al 9.91 di Tebogo, sprinter dello Botswana, Marcell meglio anche dell’americano Bednarek. Scusaci, Marcell. Non ci bastava. La verità, pensavamo, è che il Jacobs che conoscevamo era andato disperso nei tre anni del dopo Tokyo e che importa se nel frattempo aveva vinto il mondiale indoor, un argento in staffetta a Budapest o che fosse campione d’Europa, che importa se alla fine il crono restava sempre sopra i dieci e se un mese e mezzo fa era sceso sotto i 10 con il 9.92 di Torku. Sì, bello, interessante per l’Italia, 9.96 anche per il giovane comasco Ali (ieri fuori in semi con il 7° crono, 10.14), però c’era vento quel giorno, un metro e mezzo a favore. Invece, un’ora dopo queste mille diffidenze, Jacobs l’imperatore fattosi plebeo e costretto a indossare nuovamente, come tre anni fa, i panni di outsider, si è trovato bene nelle antiche vesti e quel che doveva fare per sorprendere l’ha fatto. Non si è ripreso lo scettro, però qualcosa ha detto al mondo: per esempio, grazie tante per non avermi creduto. Non ha vinto, non ha calpestato neppure i gradini del podio perché in fondo lo sport, quello giusto, quello con epicentro equità di competizione e cronometro, raccontava che intorno a Marcell di questi tempi girano ragazzi più veloci.

E infatti ha trionfato l’americano Noah Lyles, 9.79, tempone con personale e poi corsa versa mamma per abbracciarla e piangere, cinque millesimi meglio del giamaicano Kishane Thompson, bronzo all’altro statunitense, Fred Kerley, 9.81, e poi Akani Simbine, il sudafricano, 9.82 e quinto lui, Marcell, 9.85 fuori dal podio ma in fondo vincitore contro la diffidenza e i tormenti di questi ultimi mesi. D’altra parte, non è semplice ritornare re in una finale in cui per la prima volta tutti gli otto corrono sotto i 10, arrivandoci con il penultimo crono e da ripescato perché il sudafricano Richardson ha staccato un 9.95. Non è facile a meno che non ci siano svarioni altrui. E non ci sono stati. «Con questo 9.85 sarei stato ancora a medaglia a Tokyo» spieghi giustamente.

Vero verissimo, ma vero anche dell’altro, qualcosa che in fondo noi tutti avevamo perso di vista: se la nostra atletica dal 1896 a ieri è andata solo due volte in finale dei cento metri piani, se non c’erano riusciti i Berruti e i Mennea e l’unico a farcela, due volte di fila, una con oro e l’altra con un 9.85, sei tu, significa che in questa sera parigina l’impresa c’è stata anche senza medaglia, anche chiudendo a 4 centesimi dal podio. «Pensavo davvero di potercela fare, qualcosa ho sbagliato, ho dato il 100%, ho spinto più che potevo, visto la fasciatura? Solo un crampo, per la 4x100 ci sarò... Il quinto posto mi dà soddisfazione ma non abbastanza dopo un anno complicato, dopo le pressioni, dopo aver cambiato tutto.

Sì, l’amarezza resta, però ho dimostrato che so sempre rialzarmi, che la mia storia non finisce e soprattutto voglio insegnare a tutti che non bisogna mai focalizzarsi sulle aspettative degli altri». È per questo Marcell, che ti chiediamo scusa. In cambio, please, fai una bella staffetta.

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