
Ogni giorno ha la sua croce, e anche il suo martire. A volte involontario. Oggi è il giorno di Andrea Vianello, giornalista di grande professionalità e carriera, una colonna della Rai, già conduttore di Mi manda Raitre - in Rai c'è sempre qualcuno che ti manda, sia dentro che fuori - e del programma mattutino Agorà, nonché volto della miglior sinistra rassicurante, pacata, riflessiva. La più pericolosa.
Comunque, Vianello ieri, serenamente, ha annunciato sui social che dopo 35 anni (su 64, molto più della metà) ha deciso di lasciare l'Azienda. Una sua scelta. «Ringrazio amici e colleghi, è stato
un onore e una magnifica cavalcata». Ben sapendo quando lo diceva che i cavalli da quelle parti li hanno sempre scelti i politici. Lui è entrato con quelli della Prima Repubblica, esce con quelli della Seconda, e c'era Monti quando lo fecero direttore di RaiTre.
Lo vedremo prima o poi su La7.
Ora. L'accordo è stato consensuale, si tratta di un banale prepensionamento e Vianello, che è un signore, non ha fatto polemica. Ma ci hanno pensato i sindacati: «Ennesimo collega messo ai margini per motivi politici»; il quotidiano Domani: «Via un altro pezzo di sinistra, dopo
Fazio, Orfeo e Annunziata»; e poi le vedove inconsolabili di Telavevodetto che finiva così: «Accade ai non
allineati». «Epurato dalla destra». «Come l'editto bulgaro di Berlusconi». «Una Rai che lo costringe all'addio è più povera».Sarà. Chissà perché, però, a piagnucolare che «Se ne vanno sempre i migliori» sono spesso i peggiori.
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