Ambientalista e no global Il maschio veste ideologico

Milano moda uomo: Versace si ispira all’impegno di Al Gore, Dolce & Gabbana cancellano il logo

Il senso della contemporaneità è come il coraggio di Don Abbondio: se uno non ce l’ha, non se lo può dare. Versace e Dolce & Gabbana ne hanno da vendere e infatti le collezioni maschili delle due griffe presentate ieri sulle passerelle di Milano vanno nella stessa interessante direzione: un lusso consapevole dei cambiamenti in corso nella società. L’uomo di Donatella è un ecologista convinto alla maniera di Al Gore: si preoccupa del clima sconvolto dall’effetto-serra, ma non rinuncia alla perfetta eleganza di un trench reso impermeabile dalla stessa spalmatura a base di proteine della seta che, negli anni Trenta, garantiva la tenuta all’acqua delle mute dei cercatori di ostriche giapponesi.
«L’identità del marchio si vede dallo stile e non dal logo» dicono invece Dolce & Gabbana con una collezione intitolata RE-Evolution perché, per eliminare firme e simboli a vista senza cadere nelle logiche pauperiste dei No Global, hanno trovato un perfetto punto d’equilibrio tra il rispetto delle regole sartoriali e il bisogno di guardare avanti. Spariscono così le tradizionali cuciture dai capi che sembrano tenuti insieme dallo scotch, mentre invece si tratta di una speciale colata di gomma sigillante sopra le avveniristiche termo saldature al laser. Tanto per la bionda signora del made in Italy quanto per il magico duo stilistico che il mondo c’invidia, c’è un radicale mutamento nelle proporzioni dei pantaloni: asciutti e secchi sotto alle giacche praticamente prive di rever dei completi formali, oppure larghi (e nel caso di Dolce & Gabbana anche lunghissimi, ma automodellanti grazie al filo metallico mescolato nei tessuti naturali tipo canapa e juta) insieme con le leggere camicie dell’estate, i giubbotti sportivi e le T-shirt.
Non mancano i colpi di teatro che per Donatella sono i modelli trasformisti (il soprabito, per esempio, può diventare un lungo gilet oppure un corto giacchino sportivo), mentre per Domenico e Stefano sono i capi decorati da file di led luminosi prossimamente indispensabili per andare in discoteca. La loro sfilata si è conclusa con 26 ragazzi d’implacabile bellezza tutti vestiti di nero sopra la camicia bianca come il fiore che ornava l’occhiello delle nuove giacche tecnosartoriali. Quella di Versace si è invece aperta con l’impeccabile trench che in realtà contiene tre capi in uno mentre i tessuti sembrano i grandi classici delle sartorie di Savile Row pur essendo radicalmente alleggeriti da una formidabile ricerca tessile.
Del tutto diversa da questo punto di vista la collezione disegnata da Christopher Bailey per Burberry perché il materiale principe è lo stesso neoprene delle mute da sub o da surfista: impermeabile finché si vuole, ma per niente traspirante. Sigillati nel bellissimo trench turchese oppure nelle superbe sahariane cremisi, d’estate si rischia l’effetto saunetta degli indumenti dimagranti. Eppure la ricerca cromatica e la reinvenzione in chiave quotidiana dell’abbigliamento tecnico da sport, la dice lunga sull’abilità dello stilista. Orrendi invece i pantaloni dal cavallo basso, mentre quelli ispirati al costume thailandese di Ennio Capasa per Costume National erano una vera meraviglia.

Anche il bravissimo stilista di Lecce elimina il logo e propone un’immagine ispirata dall’attualità dei musicisti che scelgono le etichette indipendenti. Raf Simons per Jil Sander continua la sua strada minimal chic, rallegrata stavolta da un rinfrescante uso dei colori chiari. Certo di uomini vestiti così in giro se ne vedono pochi. Ma indubbiamente sono molto chic.

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