Ambigue o romantiche La moda insegue il fascino delle divinità

Femminilità misteriosa ispirata a Hitchcock per Gucci, bellezza mitologica per Alberta Ferretti

da Milano

Chi sono, da dove vengo, dove vado. Per rispondere a queste domande ci si può mettere una vita, ma gli stilisti non hanno tanto tempo perché l’identità è il bene più prezioso dei marchi, ciò che li fa vivere. In questo senso Frida Giannini, Alberta Ferretti e Antonio Marras hanno fatto un lavoro eccezionale perché le collezioni della prossima estate in passerella ieri a Milano moda donna dimostravano che è possibile cambiare radicalmente ma rimanere del tutto riconoscibili e quindi appetibili sul mercato. Invece Roberto Cavalli ha preso una seria sbandata nel tentativo di uscire dallo stile Vallettopoli per rilanciare la misteriosa sensualità dell’innocenza femminile.
L’idea era ottima e non mancavano esempi di vera bravura come i capi in camoscio chiaro con le frange che riproducevano il piumaggio di una tortorella. Ma il risultato finale lasciava alquanto perplessi perché i fiorellini pallidi, le nuvolette e gli inserti di pizzo Chantilly sulla batista candida non sembrano tanto adatti al potente linguaggio creativo dello stilista, quanto a quello delle camicie da notte della nonna.
Sterzano sul serio anche Mariella Burani e Rossella Tarabini per la linea Anna Molinari, ma nel loro caso si tratta di una svolta riuscitissima. La regina dello stile zingara (l’irresistibile signora Burani) entra con piglio sicuro in sartoria, mentre l’intelligente principessa cresciuta all’ombra di Blumarine esce dal poetico concettuale per approdare alla serena precisione della maturità. La donna Gucci è una moderna traduzione di quella mistica della femminilità che faceva definire le eroine di Hitchcock «pericolo biondo» o «ghiaccio bollente». Ma la geniale ragazza alla guida creativa del marchio ha aggiunto alla sartoriale eleganza delle dive anni ’50 tipo Kim Novak o Tippi Hedren, la cinetica furia dell’action painting di Jackson Pollok e l’uso del colore a blocchi (giallo e nero su bianco con precisi tocchi di rosa-sushi) di Mark Rothko. L’immagine finale era semplicemente perfetta con dettagli «gucciani» come le splendide scarpe dal tacco a stiletto e le incredibili lavorazioni sulla pelle: coccodrillo lucidato con pietre d’agata o pitone decolorato con squame sovratinte in nero con effetto a raggi X.
Alberta Ferretti, gran maestra del taglio in sbieco e della leggerezza intesa come necessità, stavolta punta su forme semplicissime. Ma gli abiti a T-shirt, tunichetta o peplo erano straordinariamente decorati con tralci di diamanti frantumati o piombo colato sui motivi rinascimentali di uno spettacolare soprabito in lamè. Il risultato è una divina creatura: se Pallade Atena regnasse oggi sui destini degli uomini, si vestirebbe così. Marras punta invece sull’invincibile dolcezza delle donne preraffaellite nella visione totalmente contemporanea di un uomo colto e raffinato. Il punto di partenza della strepitosa collezione è un quadro del pittore John Everett Millais con una sensuale Ofelia travolta dalle acque. Da qui a decorare i modelli con gocce di cristallo e spalmature lucide effetto bagnato, il passo è stato breve.

Ma il bravissimo stilista sardo ha lavorato sulle sue tipiche linee da alta sartoria (vestiti a trapezio, giacche a sacchetto, orli ripresi nella splendida forma a uovo) con sorprendente rigore nonostante la ricchezza delle decorazioni. L’immagine finale delle ragazze con costumi da bagno alla Esther Williams sembrava quasi un messaggio affidato alle onde: Marras sta cambiando, ma resta intatta la sua poesia.

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