«Anch’io ho reagito: il peggio viene in aula»

da Milano

Dopo 29 anni a vendere benzina, Francesco Cutuli adesso è in pensione. Il gestore di Carate Brianza che, il 13 settembre del 1995, per difendere la sua vita e quella del figlio Diego, uccise due rapinatori entrati di prepotenza nel suo chiosco per mettere a segno una rapina.
Quel maledetto 13 settembre di 13 anni fa due rapinatori, Walter Carbonai e Ivano Costa, entrambi con un fascicolo penale alto così, piombano nel suo chiosco sulla Valassina: urlano, minacciano, sono armati con una pistola e un coltellaccio. Il benzinaio consegna l’incasso, 500.000 lire. I banditi non sono soddisfatti, prendono il figlio del gestore, Diego e gli puntano il coltello alla gola: vogliono altro denaro. Cutuli è terrorizzato, gli occhi di padre e figlio s’incrociano, il benzinaio estrae la Beretta semiautomatica e svuota il caricatore. I banditi crollano. Sul posto arrivano i pubblici ministeri di Monza Giovanni Gerosa e Valter Mapelli, chiedono per ben due volte il proscioglimento: il benzinaio si è difeso. L’11 luglio del ’97 il gip lo vuole alla sbarra e con un’accusa da brivido: duplice omicidio volontario. La notizia gli piomba tra capo e collo, come un colpo di mannaia.
Ha sentito la notizia del tabaccaio di Aprilia?
«Ogni volta che ascolto la cronaca di queste vicende sento qualcosa che mi si muove dentro. Penso sempre che si possa arrivare alla fine di episodi del genere. Invece non finiscono mai».
Allora, che può dire al tabaccaio di Aprilia?
«Dico che sono sinceramente solidale con lui. Come me, per difendersi dagli aggressori, è stato costretto ad aprire il fuoco. Io sono una persona onesta e non stupitevi se sto dalla parte dei cittadini onesti che sono davvero stanchi di subire. Ognuno ha il diritto di difendere la propria famiglia, il proprio lavoro, la proprietà. Questi criminali, oltre ai soldi ti rubano un bene ancora più prezioso: la voglia di vivere».
Lei ha dovuto affrontare un processo lungo e snervante prima d’essere assolto per legittima difesa. Adesso per un suo collega commerciante si apre lo stesso calvario.
«Di fronte a certe vicende non riesco più a capire se sono più tutelati i delinquenti o la gente perbene, che lavora sodo dodici ore il giorno».
Ha ricevuto solidarietà, la categoria le si è stretta attorno, le hanno dato una mano a sostenere le spese, perché per difendersi ha dovuto sborsare tra avvocato e perizie un’ottantina di milioni. Ci sono voluti 5 anni e 14 udienze prima di arrivare all’assoluzione.

Alla fine a lei è andata bene?
«Spero sinceramente che finisca con un’assoluzione anche per il tabaccaio di Aprilia. Al momento, ti attribuiscono il reato di omicidio volontario. Poi le cose si chiariscono. Spero sia assolto. In ogni modo gli auguro di farsi tanto coraggio, seppure non è facile. L’ho provato sulla mia pelle».

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